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Debiti, polemiche e inchieste: il capo dello Stato annulla la visita ufficiale a Napoli

RomaGiggino chi? 'O sindaco? Sfiorato dall'inchiesta sugli appalti per l'America's cup, soffocato dai debiti del Comune, messo giù dal palco di Ignazio Marino, cancellato pure dall'agenda del capo dello Stato. No, a due anni esatti dal suo ingresso trionfale a Palazzo San Giacomo, non è davvero un bel momento per Luigi De Magistris.
Da icona nella nuova sinistra arancione a personaggio ingombrante dal quale è saggio tenersi a distanza, uno con cui è meglio non farsi nemmeno fotografare. Per il suo comizio finale in piazza Farnese, Marino ha convocato tutti i principali sindaci e amministratori del centrosinistra: da Pisapia alla Serracchiani, da Zingaretti e Zedda. Matteo Renzi non c'è, ma è già comparso in pubblico al fianco dello sfidante di Alemanno. Giggino 'a manetta invece niente, non pervenuto, resti pure a casa.
E non basta, perché anche Giorgio Napolitano a quanto pare ha deciso di metterlo in quarantena. Il capo dello Stato aveva in programma un viaggio a Napoli per la fine del mese, una visita ufficiale per presenziare ad alcune inaugurazioni assieme al sindaco. Re Giorgio torna sempre volentieri a Napoli, eppure stavolta, già prima che il fratello di De Magistris e il capo di gabinetto del Comune venissero indagati per turbativa d'asta, la trasferta è stata cancellata. Il Quirinale considera infatti inopportuno partecipare ad iniziative in pubblico con De Magistris proprio quando il bilancio di palazzo San Giacomo è in profondo rosso. «Non possiamo andare mentre stanno per portare i libri in tribunale», dicono al Colle.
Del resto i due non si sono mai presi. De Magistris ha fatto arrabbiare il presidente fin dal suo primo atto di governo, nel giugno 2011, quando ha deciso di fare entrare nella sua squadra Giuseppe Narducci come assessore alla Trasparenza e alla sicurezza. Narducci, pm di Calciopoli e grande accusatore dell'ex coordinatore del Pdl in Campania Nicola Cosentino - cioè il rivale politico del sindaco - solo pochi giorni prima aveva rimesso la toga nel cassetto. Metterlo in giunta, secondo Napolitano, non era la cosa migliore da fare: «Il Consiglio superiore ha sollevato la questione, è il legislatore che è in ritardo». Che fine aveva fatto, si chiedeva il capo dello Stato, l'incompatibilità tra i magistrati e le cariche politiche?
Ruggini, polemiche, un rapporto mai sbocciato. De Magistris ha continuato ad attaccare il Colle. Come quando si è schierato a fianco della procura di Palermo e del suo amico Ingroia sul caso delle intercettazioni illegali: «Dobbiamo liberare il Paese dalle masso-mafie che occupano i palazzi del potere». O quando gli ha chiesto di dare a Beppe Grillo l'incarico di formare il governo. O ancora, quando si è dichiarato contrario al Napolitano bis. «Preferisco Rodotà». Salvo poi, il giorno dopo la rielezione, rivolgergli un accorato appello per Napoli. «La città è allo stremo, qui si vive una situazione esplosiva». E il 30 aprile il presidente lo ha ricevuto per mezz'ora al Quirinale.

Ma adesso basta.

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