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La defunta Quercia deve 200 milioni alle banche ma prova a non pagarli

La defunta Quercia deve 200 milioni alle banche ma prova a non pagarli

Fatto Quotidiano, mantennero rigorosamente separati i patrimoni, come si conviene tra due coniugi gelosi dei propri beni. Una gelosia motivata dai «liquidi» piovuti con i rimborsi elettorali sulla Margherita, e sugli immobili per gli ex Pci-Pds. Sul fronte degli ex centristi, per sapere com'è andata a finire (male) basta rileggersi la cronaca recente della vicenda dell'ex tesoriere Lusi. La storia dei Ds, però, non è meno interessante. A fine giugno dell'anno scorso, sull'Unità finisce pubblicato in quattro pagine il bilancio della semidefunta Quercia. Debiti per milioni, in gran parte con i principali gruppi bancari italiani: solo con Intesa, Unicredit, Efibanca e Popolare di Milano, l'esposizione otto mesi fa sfiorava i 100 milioni. Ossia la parte del «rosso» provocata dalla decisione di accollarsi i debiti dell'Unità (101 milioni) accumulati dal quotidiano finché non venne ceduto (a Soru). Da giugno, peraltro, il monte debitorio è aumentato vertiginosamente per gli interessi, secondo il Fatto sfiora i 200 milioni. Come può un partito che non esiste «quasi più» onorare i suoi debiti? Le banche finora si sono rifatte rastrellando i rimborsi elettorali ancora destinati alla Quercia: l'ultima tranche, settembre 2011, era di 30 milioni.
Ma come detto i Ds hanno anche un patrimonio nel mattone, 2.399 immobili, 1.819 dei quali in uso alle sezioni del partito (Ds e ora Pd) e «nella maggior parte dei casi in comodato gratuito», spiega l'ultimo bilancio. Il colpo di scena - o di genio - è che la loro proprietà non è più dei Ds, che hanno «donato» sedi ed edifici a una galassia di fondazioni, sfilandole sotto il naso a quanti bussano a quattrini. Per onorare i debiti, lo storico tesoriere della Quercia Ugo Sposetti conterebbe, secondo il Fatto, su una legge varata da Prodi (la 224/98) poi modificata con un decreto quando a Palazzo Chigi, nel 2000, c'era Massimo D'Alema. Una legge che prevede una «garanzia a carico dello Stato», che scaricherebbe sull'erario il buco nei conti diessini. A scompaginare le carte c'è la poco convincente «donazione» degli immobili di cui sopra. Proprio in concomitanza con la pubblicazione dell'ultimo bilancio, Unicredit ha chiesto al tribunale civile di Roma di annullare la donazioni di un immobile a Bergamo passato alla Fondazione Gritti Minetti (che nel capoluogo orobico ha cinque proprietà, tra cui due sedi del Pd, una del Pdci e una di Sel). Ovviamente la cancellazione per via giudiziaria di una sola delle strategiche alienazioni farebbe tornare, a catena, migliaia di immobili all'ombra della Quercia «aggredibili» dai creditori. Nella delicatissima partita un ruolo, rivela il Fatto, lo ricopre un avvocato di Barletta, Antonio Corvasce, che non essendo mai passato al Pd rivendica per sé la leadership della Quercia (e il simbolo, i rimborsi e il relativo patrimonio), e che per questo da anni è impegnato in un braccio di ferro con gli ex vertici dei Ds. La causa civile che ne è nata rischia soprattutto di dimostrare una serie di «leggerezze» che Fassino, Sposetti e compagni avrebbero commesso nella gestione del patrimonio targato Ds all'epoca in cui stava nascendo il Pd.

E il sogno di far pagare i buffi diessini allo Stato potrebbe tramontare.
MMO

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