Cronache

La dieta ci ossessiona da duemila anni

Dopo il cenone in media 2 chili in più. Ma la storia insegna: da secoli cerchiamo rimedio in rinunce folli. E inutili

La dieta ci ossessiona da duemila anni

Signori, Coldiretti ci avverte: salutato il Natale siamo tutti più grassi di due chili. Diciamocelo, per molti di noi fossero solo due sarebbe già un successo. La questione è che tra «ottanta milioni di bottiglie di spumante, ventimila tonnellate di pasta e molto altro, per un valore complessivo vicino ai cinque miliardi di euro», la bella Italia s'è fatta i fianchi morbidi. Se ci metti pure che «l'abbuffata è stata accompagnata dalla sospensione delle attività sportive», il punto si fa imponente, perché passato Capodanno già ti sembra di annusare il tormentone «prova costume». Così tanto vale rispolverare le diete che più han fatto furore nel Belpaese negli ultimi anni: dalla Zona (ferrea nel suddividere i pasti in percentuali: 40% carboidrati, 30% proteine e altrettanti grassi), a quella dell'anguria, irrinunciabile in estate.

Non troppo tempo fa ci ha fatto gola anche George Oshawa, con la dieta macrobiotica che grazie allo Yin e allo Yang ti ridimensionava la pancetta. La crono-dieta è tutta made in Italy ed è un po' simile a quella dissociata, o forse lo sembra a noi: a pranzo carboidrati e per cena proteine. Guai a chi li miscela. Siate avvertiti.

Non ci siamo fatti mancare quella del minestrone, né quella a punti, come la patente: esige si limitino zuccheri e carboidrati a favore dei grassi. Quella più in voga oggi, oltre alla iper-discussa Dukan che attacca i chili di troppo a fasi e non si capisce se salva la vita o uccide, è infine quella iperproteica: carne carne carne. Con buona pace dei vegetariani.

Questo nel 2012, ma le diete, insegnano greci e romani, sono vecchie di 2000 anni e la Bbc lo spunto per un viaggio nelle peggiori della storia lo ha messo sul piatto e noi lo cogliamo. Horace Fletcher dice niente? Il flacherismo, che ha conquistato l'inizio del ventesimo secolo americano, si può riassumere in una sorta di digiuno, solo meno elegante: chi la praticava non doveva far altro che masticare il cibo per poi sputarlo.

Il Novecento ha abbracciato pure un'altra strategia. Per i coraggiosi (?) come Maria Callas, dice il mito, l'anti-chili di troppo si chiamava tenia, niente di meno che un parassita. Tu lo mandi giù e lui manda giù quel che lo segue. Le controindicazioni: diarrea, vomito e nei peggiori dei casi la morte. Ma in fondo per apparire, si sa, si deve soffrire.

Tra gli amanti dell'estetica c'è spazio per tutti, o tutto: le droghe bene forse non fanno, ma in alcuni casi possono aiutare. Ed è così che nel diciannovesimo secolo, mentre le diete si facevano business industriale e farmaco, l'arsenico entra in scena. Può uccidere? Allora basta metterlo in una pillolina dai dosaggi oculati per ottenere l'effetto delle anfetamine e accelerare il metabolismo. Intuire perlomeno un paio di episodi da avvelenamento non è difficile. Perdere peso, è chiaro, è soprattutto una questione di fegato. Le star moderne sappiano che no, non hanno inventato nulla di nuovo.

Manifesto di una dieta era anche Lord Byron che a popolarità certo non era messo male. Anche nell'Ottocento l'obiettivo era somigliare alla celebrità del momento. Nel 1806 il poeta pesava circa 88 chili, cinque anni dopo pare fosse sotto i 57. A furia di cene sostituite da una tazza di tè e di un regime alimentare a base di aceto, l'emulato Byron scatenò presso i commentatori serie preoccupazioni rispetto la salute della gioventù dell'epoca che tanto ambiva a eguagliarne il pallore. Un po' come ora i ragazzi guardano al pallore dei vampiri da film.

O forse no.

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