Caso Sallusti

Diffamazione, in Senato passa la norma "salva direttori"

L'esecutivo dà parere contrario. Eppure passa l'emendamento che salva i direttori e mette le manette ai giornalisti. Lunedì sciopero generale

Diffamazione, in Senato passa la norma "salva direttori"

Alla fine il Senato ha approvato la norma che mette in galera i giornalisti. E nel dibattito sul ddl diffamazione si scrive un altro tassello sullo scontro sulla libertà di espressione. Non è, infatti, bastato il parrere negativo del governo. L’Aula del Senato ha, infatti, approvato la norma "salva direttori" con 122 voti favorevoli, 111 contrari e sei astenuti. "Questi sulla diffamazione vogliono andare avanti e fare una legge assolutamente iniqua e ingiusta - ha commentato Franco Siddi, segretario della Fnsi, in una intervista a Repubblica - se volevano evitare il carcere potevano fare una norma semplice e togliere il carcere. Invece preferiscono mettere in atto questo inganno che determina nuovi poteri di controllo sul giornalismo".

A Palazzo Madama riprende la discussione del disegno di legge sulla libertà di espressione. Una discussione che lo stesso presidente del Senato Renato Schifani ha bollato come "una telenovela". Questa mattina il dibattito si è aperto sulla norma "salva direttori" messa a punto dal relatore Filippo Berselli (Pdl) che prevede, per lo stesso reato della diffamazione, il carcere per i giornalisti e la multa per i direttori. Il sottosegretario alla Giustizia Antonino Gullo aveva espresso parere negativo sull’emendamento. Gullo ha criticato "per ragioni tecniche" il fatto che l’emendamento presentato dal relatore del provvedimento va a incidere sul regime dei reati in concorso previsto all’articolo 110 del Codice penale, oltre che sull’articolo 57 che riguarda i reati a mezzo stampa. Tuttavia, la norma passa grazie ai voti di Pdl, Lega e Coesione Nazionale. Il Pd si è, invece, espresso contro (anche se in molti non hanno preso parte al voto) insieme a Udc e Idv. Gerardo D’Ambrosio non ha partecipato alla votazione dopo aver criticato pesantemente la norma soprattutto da un punto di vista giuridico: "Ma vogliamo tornare tutti quanti al primo anno di università? Così com’è scritto questo emendamento è un obbrobrio giuridico. È una sceneggiata incredibile".

Berselli ha difeso la sua proposta negando che abbia effetti anche sull’articolo 57 del codice penale: "C’è una diversità sostanziale tra l’autore dell’articolo e il direttore". "Non possiamo abbandonare il relatore ai cannoneggiamenti della sinistra che parlano di attacchi sistematici", ha detto il leghista Roberto Castelli al resto del centrodestra dopo aver sostenuto le ragioni della norma che differenzia la pena per giornalisti e direttori. Una differenziazione che il responsabile Giustizia dell’Idv Luigi Li Gotti non ha esitato a definire una "discriminazione". Anche il leader dell'Api Francesco Rutelli ha difeso la norma anche se non è passata la sua proposta di inserire un registro nelle redazioni per annotare la vera identità degli autori anonimi. Infine, l'Udc Achille Serra ha fatto un paragone con il furto: "Palo e ladro hanno la stessa pena. Perchè giornalista e direttore no?".

Il voto conclusivo sul primo articolo del ddl diffamazione, il cuore del provvedimento che contiene anche la norma "salva direttori", è stato rinviato alla prossima seduta dell'Aula che è stata convocata per lunedì prossimo. "Su questo voto - ha avvertito il vicepresidente di turno Vannino Chiti - era già stata dichiarata ammissibile la richiesta di voto segreto che comunque oggi è stata ripresentata".

Intanto i giornalisti incrociano le braccia lunedì 26 novembre.

Lo sciopero generale per quotidiani, televisioni, agenzie di stampa, periodici, testate web, free lance, uffici stampa "contro il provvedimento sulla diffamazione in discussione al Senato che limita gravemente l’autonomia dell’informazione" è stato annunciato dal segretario della Federazione della stampa, Franco Siddi.

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