Politica

Disoccupati e contratti, quanti bluff E chi lavora di più rischia gli 80 euro

Che cosa ha fatto fino ad ora il premier Renzi per creare occupazione?

Matteo Renzi ha varato, a ridosso del Primo maggio, le linee guida per una presunta riforma della pubblica amministrazione che ricalca il suo modo di essere. Infatti, a parte l'aria fritta delle promesse vaghe, in concreto comporta la creazione di posti nel pubblico impiego mediante il pensionamento anticipato degli anziani. Con il costo a carico della previdenza pubblica, cioè del contribuente. Ma c'è un quesito che si addice alla Festa del lavoro: che cosa ha fatto fino ad ora il premier Renzi per creare occupazione? Secondo le solenni dichiarazioni fatte prima e durante l'investitura avrebbe messo in campo un autentico bazooka, chiamato Jobs Act, ossia legge dei posti di lavoro, che avrebbe rivoluzionato la situazione. Di tale legge non si conosce molto, ma si diceva che contenesse grosse e coraggiose novità, sgradite alle corporazioni sindacali che, notoriamente, hanno ingessato il nostro mercato e lo hanno complicato con leggi e incombenze amministrative di ogni specie. Ma Renzi, dopo aver promesso il bazooka, ha preferito fare una cosa più terra terra, con la scusa che voleva saggiare l'atteggiamento degli oppositori interni del suo partito. E ha varato la riforma dei contratti a termine per abrogare la legge Fornero, che li aveva ridotti a un ruolo secondario. Ma il testo che Renzi aveva portato alla Camera tramite il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, del suo stesso partito, è stato ridimensionato su richiesta della Cgil e dei membri Pd nella commissione Lavoro, in cui hanno la maggioranza. Evidentemente la Cgil comanda ancora sul Pd. Nell'aula della Camera, Renzi ha fatto approvare il dettato sciagurato della legge sui contratti di lavoro a termine, mettendo il voto di fiducia e ha sostenuto, tramite Poletti, che il compromesso raggiunto era una buona soluzione. Lui, che aveva detto che era finita l'era dei compromessi e dei cedimenti alla Cgil, si è rimangiato tranquillamente l'affermazione. Ora il testo passa al Senato, dove ci sarà una nuova battaglia in cui Renzi si barcamenerà. Nel frattempo, ha fatto votare una legge che costa 8 miliardi (in gran parte coperti da tributi e da aumento del deficit e, solo per una quota minore, finanziati con risparmi di spesa) e che riduce mediamente di 53 euro al mese il carico fiscale di chi il lavoro ce l'ha. Il beneficio, però, non va a coloro che hanno un guadagno modesto esonerato da tributo, i cosiddetti incapienti, né ai lavoratori autonomi o alle partite Iva. Va essenzialmente ai lavoratori dipendenti con contratti fissi. Il nocciolo duro degli elettori Pd. Il premier, invece, avrebbe potuto destinare gli otto miliardi per creare posti di lavoro, mediante l'aumento dell'esonero da imposta (la cosiddetta no tax area) per i redditi di livello minimo derivanti da lavoro dipendente o autonomo o con partita Iva. Ed in effetti in Germania molti posti di lavoro sono stati creati per contratti che danno un guadagno basso, che sono incentivati da una elevata no tax area per i guadagni minimi. È noto che ci sono imprese che non fanno investimenti in Italia o spostano le attività all'estero perché non sono consentiti ancora in modo adeguato i contratti di lavoro aziendali flessibili basati sulla produttività. Renzi non ha fatto nulla per dare una svolta positiva a questi contratti. E non si è curato di incentivarli con sgravi fiscali. Anche qui c'è il veto della Cgil. Ma non aveva detto che è finita l'epoca dei veti sindacali? La riduzione dell'Irap del 10% promessa dal premier rischia di essere una scatola vuota. E che ne è del Jobs Act? Né Renzi si interessa delle crisi aziendali di tante piccole imprese che chiudono e falliscono, perché non riescono a pagare le imposte e vengono processate per evasione fiscale. Matteo è stato sin qui assente nella vertenza delle acciaierie Lucchini a Piombino, benché ci siano strumenti finanziari pubblici che potrebbero esser impiegati. Forse non ha trovato il tempo, perché deve andare in tv, a totalizzare il record delle presenze.

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