Cronache

La doppia vita del killer centrista: dalla cravatta al casco e pistola

Un faccendiere e un millantatore: il ragioniere sognava di entrare nel salotto buono della città grazie a una rete di contatti

Francesco Furchì in una foto tratta dal blog "Tropeaperamore"
Francesco Furchì in una foto tratta dal blog "Tropeaperamore"

Dunque un ragioniere. Ma non un ragionier Fantozzi qualsiasi. Scomposto e canottierato.
Un ragioniere sempre impeccabile, in giacca e cravatta. Rispettabile, insospettabile.
Un ragioniere che ragiona freddamente come un killer. E che, deliberatamente, la mattina del 21 Marzo 2012, dieci mesi fa, stando alle conclusioni cui sono giunti gli inquirenti, monta in sella ad una moto, indossa un caso integrale e protetto o, meglio «oscurato» da quel casco integrale, suona alla porta dell'abitazione di un collega- amico-rivale, il consigliere comunale dell'Udc, Alberto Musy, lo sorprende sotto l'androne di casa e gli spara sei colpi di pistola.
Poi gira i tacchi e si dilegua, sempre con quel casco integrale in testa. Ma sfila sotto decine di telecamere di sicurezza perché lì siamo in via Barbaroux, pieno centro storico di Torino. Musy, da quel giorno, non ha mai ripreso conoscenza ed è tuttora ricoverato in coma in un centro di riabilitazione. Questi i fatti.
Che appaiono ancora più terribili, surreali, se si va a rovistare nel sottobosco di una pseudo politica da faccendieri e millantatori, nella quale si muoveva l'uomo che, dopo un interrogatorio durato tutta la notte, ieri è stato fermato dalla polizia con l'accusa di tentato omicidio: Francesco Furchì, 49 anni, ragioniere di origini calabresi ma residente a Torino da tanti anni, presidente dell'associazione Magna Graecia Millenium, che opera «nel campo della cultura, della solidarietà, della diffusione dei valori della calabresità in terra di Piemonte».
Furchì, che ha negato ogni addebito, era nella lista «Alleanza per la città», che ha sostenuto la candidatura a sindaco di Musy nelle elezioni comunali nel Maggio del 2011. Ma, e qui starebbe la molla che ha fatto scattare odio e voglia di vendetta nell'uomo che oggi viene accusato, senza riceverne nulla in cambio. Addentratisi nel Basso Impero dei favori e dei favoritismi che, secondo alcuni, in politica sarebbero dovuti, gli investigatori restano infatti convinti che Furchì covasse odio e rancore nei confronti della vittima per motivi politici e di affari perché Musy era contrario ad averlo capolista in una lista autonoma collegata alla sua e non l'avrebbe neppure aiutato a trovare investitori in vista di una scalata ad Arenaways (società ferroviaria) e ancora perché si era rifiutato di raccomandare per la carica di professore associato dell'Università di Palermo, Biagio Andò, figlio dell'ex ministro Salvatore.
Già, perché Francesco Furchì , guardando il profilo ricostruito dagli inquirenti, ha sempre tentato, come dire, di «vendersi» bene. Il pm Roberto Furlan nel decreto di fermo scrive di Furchì «che effettivamente intrattiene e coltiva rapporti con diverse persone di rilevante notorietà e autorevolezza, per lo più sulla base delle comuni origini meridionali».
E ancora che intrattiene «sistematici contatti e corrispondenza con il parlamentare europeo Pino Arlacchi, con il giornalista Michele Cucuzza, con altri parlamentari, con esponenti dell'ambiente ecclesiastico, e pure con l'ex ministro Salvo Andò».
Tutte persone, badate bene, come tiene a precisare anche il magistrato che non «hanno comunque alcuna relazione con l'inchiesta e con i fatti». Ma che aiutano a ricostruire la personalità piuttosto complessa di Furchì dato che, come sottolinea ancora il pm Furlan «in lui anche nei rapporti più intimi e abituali la millanteria prende spesso il sopravvento tanto che non si trattiene dall'offrire a Cucuzza cariche politiche nonché l'immediata disponibilità di aerei privati».


La personalità di Furchì, è tratteggiata discretamente bene anche dalla moglie, che da lui si sta separando, e che, in una telefonata annotata dalla polizia giudiziaria, definiva il marito «un pazzo che crede alle sue stesse palle» e che «vive in un mondo virtuale».

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