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Così una manovra choc per rilanciare l'Italia può sforare i vincoli Ue

Una legge consente flessibilità sui conti in cambio di riforme: se Renzi approfitta dei timidi segnali di ripresa avrà il sì in Aula di Forza Italia

Così una manovra choc per rilanciare l'Italia può sforare i vincoli Ue

Caro direttore
eccoti la solita paginata che tanto piace al presidente Renzi. Ecco, presidente Renzi, il nostro parlar chiaro. Ecco le procedure e le tempistiche per realizzare il tuo programma. Insieme. La logica dei due forni non funziona e non ha mai funzionato.
Come sostenuto nella lettera aperta che ti ho inviato lo scorso giovedì 13 marzo, una manovra choc è certamente necessaria per accompagnare i timidi segnali di ripresa che cominciano a intravedersi per l'economia italiana dopo anni di dura recessione. La manovra choc deve configurarsi come una vera e propria strategia di rilancio delle nostre istituzioni e della nostra economia in un alveo europeo. Una risposta economica e politica, fortissima e inattaccabile dal punto di vista procedurale e delle regole. Gli strumenti ci sono: li abbiamo individuati nei contractual agreements, gli accordi multilaterali o bilaterali tra gli Stati membri dell'Ue e la Commissione europea che prevedono flessibilità sui conti pubblici in cambio di riforme strutturali. Contractual agreements che entreranno in vigore in Europa per tutti i paesi il prossimo ottobre, ma che l'Italia, anche in quanto paese che, a partire dal primo luglio, avrà la presidenza di turno dell'Unione europea, può anticipare in via sperimentale fin da subito, magari ponendo questo punto già all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo del 20 e 21 marzo a Bruxelles.

È questo il percorso che si è seguito, sostanzialmente, lo scorso anno, quando grazie al lavoro paziente del nostro commissario all'Industria, nonché vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, e al commissario per gli Affari economici e monetari dell'Ue, Olli Rehn, l'Italia ha ottenuto un margine di flessibilità dello 0,5% nel rapporto deficit/Pil e lo scomputo dal calcolo del rapporto debito/Pil per le risorse impiegate per il pagamento dei debiti delle Pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese fornitrici di beni e servizi. Il metodo è questo: da un lato individuare i problemi che bloccano il nostro sistema economico (per esempio i debiti delle Pubbliche amministrazioni), dall'altro le peculiarità che lo caratterizzano (la solidità delle nostre piccole e medie imprese e del nostro sistema bancario), e discuterne con la Commissione europea, proponendo soluzioni che godano di largo consenso all'interno del paese. E in questo senso il tuo predecessore Berlusconi, presidente Renzi, aveva lavorato per te: già nel 2011, quando, con i regolamenti del Consiglio europeo n° 1175 e n° 1177, fece introdurre, tra i cosiddetti «fattori rilevanti» di cui tenere conto nell'ambito del calcolo del debito o del deficit eccessivo degli Stati rispetto ai limiti fissati dal fiscal compact, la posizione economica e finanziaria di medio termine degli Stati e in particolare l'avvio di riforme strutturali, l'avanzo primario, la crescita potenziale, l'economia sommersa, il ciclo economico e l'indebitamento netto del settore privato.

L'insieme di tutti i «fattori rilevanti» rende la posizione italiana più solida di quella di altri partner, come ha ammesso lo stesso presidente della Repubblica francese, François Hollande. L'andamento del deficit di bilancio nel 2014 per l'Italia è previsto a -2,6% (pari alla media dell'Eurozona), ma in Spagna e Francia, paesi rispetto ai quali la Commissione non ha espresso alcun rilievo, si prevede, rispettivamente, a -5,8% e -4%. Il deficit strutturale, corretto per l'andamento del ciclo, che la Commissione valuta in -0,6% per l'Italia è di gran lunga inferiore alla media dell'Eurozona (-1,6%) e tra i grandi partner commerciali inferiore solo alla Germania. Mentre per Francia, Spagna e Inghilterra si registrano valori ben superiori. Rispettivamente: -4,3%, -2,5% e -4,8%. Del resto sono anni che l'Italia presenta un avanzo primario di tutto rispetto: valori positivi fin dal 2005, mentre negli altri paesi e nelle medie dell'Eurozona le risultanze sono state ben peggiori ed in alcuni anni addirittura negative.
Altro dato che dimostra la solidità di fondo dell'economia italiana è quello relativo alla bilancia commerciale. Gli attivi realizzati e previsti superano nel triennio 2013-2015 il 2% del Pil. Sono ben superiori alla media dell'Eurozona, sul cui dato medio pesa tuttavia la Germania con un surplus che si avvicina al 7%. Depurando questo elemento, il confronto risulterebbe ancor più illuminante. Un'analisi più veritiera della situazione italiana dimostra, pertanto, un gioco di luci e di ombre che esclude qualsiasi giudizio manicheo. I vincoli che si dovranno superare sono pertanto più di natura giuridica che non di sostanza.

Attengono alle riforme introdotte negli ultimi anni, nella gestione della finanza pubblica. Riforme tese ad un pieno coinvolgimento del Parlamento, attraverso l'individuazione di maggioranze assolute nell'approvazione di taluni provvedimenti economici, come si evince dalla legge n°243 del 2012 che contiene le «Disposizioni per l'attuazione del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione». Stando a tale legge, qualora il governo intenda «discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico di medio termine» deve sentire la Commissione europea per avviare una complessa procedura in cui siano evidenti le cause che l'hanno determinato e definire un conseguente piano di rientro. E la deliberazione «con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano è adottata a maggioranza assoluta dei relativi componenti», per evitare che una semplice maggioranza parlamentare possa utilizzare lo strumento della finanza pubblica per fini impropri, specie se di natura elettoralistica, che andrebbero a danno dell'intero paese. I contenuti programmatici dell'azione di governo illustrati da Renzi lo scorso 12 marzo rischiano di determinare un ulteriore scostamento dall'obiettivo a medio termine previsto dalla legislazione in essere, sebbene ricorrano solide motivazioni di carattere economico e congiunturale. Ma il loro perseguimento non può prescindere dal rispetto dei Trattati europei e delle norme di carattere costituzionali che li integrano.
Che fare allora, presidente Renzi?

A Adotta l'unica strategia possibile che consenta di rilanciare il ciclo economico, nel rispetto delle regole costituzionali e dei Trattati internazionali: predisponi un piano di riforme coerenti con le sei raccomandazioni che la Commissione europea ha fatto all'Italia quando è stata chiusa la procedura di infrazione per deficit eccessivo lo scorso giugno (riforma della Pubblica amministrazione; efficienza del sistema bancario; riforma del mercato del lavoro; riduzione della pressione fiscale; liberalizzazione delle public utilities; sostenibilità dei conti pubblici). 

B Sottoponi questo piano alla preventiva approvazione del Parlamento.
C Avvia il necessario confronto in sede europea chiedendo la preventiva ed anticipata sperimentazione dei contractual agreement.
Provaci tu, presidente Renzi, con Angela Merkel. Chissà che a te, avendo sgomberato la mente da pregiudizi, non dia più ascolto. Con pazienza, ripetiamo. Senza accelerazioni confuse, di parte o meramente elettoralistiche, che rischiano di ritorcersi contro. Qualsiasi iniziativa tu prenda in violazione della legge n° 243 rischia di essere preventivamente censurata a livello europeo, e di far fallire il necessario negoziato, ancor prima del suo possibile inizio.


Se agirai in questo modo noi ci saremo, e ti aiuteremo nella lotta contro gli egoismi, i conservatorismi, i tanti corporativismi, le cattive burocrazie che minacciano di spegnere ogni speranza del popolo italiano.
Ci stai?

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