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"Drammatica figura da incapaci L'Italia di Sigonella era tutt'altro"

Due crisi a confronto: intervista a Gianni De Michelis

"Drammatica figura da incapaci L'Italia di Sigonella era tutt'altro"

«Non voglio infierire su un governo dimissionario, ma se mi chiede un confronto tra la crisi di Sigonella e la vicenda dei marò il paragone è tutto a favore del governo Craxi. Allora il nostro governo reputò che l'interesse nazionale fosse più importante della posizione strategica e riuscì a difenderlo anche a costo di scontrarsi con il paese più importante del mondo. Un paese con cui eravamo, peraltro, stretti alleati nel contesto della guerra fredda».
In quel lontano 1986, quando un attacco terroristico alla nave italiana Achille Lauro portò Roma e Washington a un passo dallo scontro armato, il professor Gianni De Michelis, era un giovane ministro del Lavoro all'interno del primo governo Craxi. Negli anni successivi diventerà il ministro degli Esteri simbolo dell'Italia anni 80. In questa intervista al Giornale l'ex ministro degli Esteri traccia un parallelo tra il comportamento dell'esecutivo dell'epoca e quello del governo Monti

«La vicenda dei marò, soprattutto nei suoi ultimi sviluppi, contribuisce drammaticamente a rafforzare l'immagine negativa del nostro Paese. Dopo aver consentito ai ministri di tentare la risoluzione del caso mettendo in atto un trucco, il Governo e il Presidente del Consiglio hanno capito che correvano il rischio di trascinare il Paese in una situazione drammatica. Così alla fine hanno dovuto prendere la decisione che tutti noi purtroppo conosciamo».

Si son giustificati ricordando che i patti andavano rispettati

«Si ma quel pacta sunt servanda valeva anche prima. Allora potevano rinviarli in India senza annunciare che li avrebbero tenuti in patria».

Si è sottovalutata la forza dell'India?
«Non ci si è resi conto che negli ultimi 15 anni la configurazione del mondo è cambiata. E l'India di oggi conta enormemente di più. La frase decisiva l'ha pronunciata Sonia Gandhi quando ci ha ricordato che “l'India di oggi non è più quella di ieri”. Siamo rimasti indietro, non si è compreso il cambio di configurazione del mondo. Se continueremo così rischieremo molte altre brutte figure».

Qual è stato l'errore più grave?
«Offrire l'immagine di un governo incapace di reagire di fronte a un evento inatteso; quest'ultimo episodio, tra il farsesco e il drammatico, ne è la logica conclusione. La decisione peggiore è stata sicuramente annunciare che ci saremmo tenuti i marò».

La Farnesina sostiene di averli rimandati indietro dopo aver ottenuto una garanzia scritta che esclude la pena di morte. Il governo indiano smentisce...
«Il potere giudiziario è autonomo anche in India e quindi nessun potere esecutivo può assumersi impegni riguardo all'operato del potere giudiziario. Al tempo stesso gli indiani fanno presente che mai e poi mai si sarebbe arrivati ad un verdetto che prevedesse la pena capitale. Quindi il tutto mi sembra una scusa, male arrangiata, del nostro esecutivo per giustificare la restituzione dei due marò».

Come finirà?
«Di recente abbiamo firmato un trattato per l'estradizione e quindi saremo probabilmente in grado di garantire ai nostri due militari lo sconto della pena nelle carceri italiane».

Cosa possiamo fare per recuperare la credibilità perduta?
«La cosa migliore, a questo punto, è dimenticare l'episodio il prima possibile, lasciare che i tribunali indiani facciano il loro corso. Probabilmente dovremo ingoiare una condanna relativamente non misurata alle colpe dei due marò.

Una volta soddisfatto l'orgoglio indiano non ci resterà che chiudere il problema applicando al meglio e il prima possibile le norme sul trattato di transizione di cui ho detto».

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