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E adesso ditemi in che Paese viviamo

Lettera aperta di Paolo Berlusconi: "Questo mio sfogo nasce dall'impossibilità di tacere ulteriormente e vedere che si accumulano sul mio conto una serie di calunnie senza reagire"

E adesso ditemi in che Paese viviamo

Ma in che Paese viviamo? Apprendo dai giorna­li che in un'ordinanza di custodia cautelare relativa a fun­zionari della Banca Popolare di Milano, in una vicenda che non mi riguarda nel modo più assolu­to, vengo citato in quanto sarebbe­ro state esercitate forti pressioni al fine di farmi ottenere dei finanzia­menti.

In effetti, avendo rapporti con tale banca, sistematicamente presento a questo istituto, come a tut­ti gli altri con cui il mio Gruppo la­vora, le varie operazioni in corso e future, illustrando la situazione mia personale e delle mie società ed evidenziando di conseguenza le esigenze di finanziamento, in un normalissimo rapporto clien­te / banca e, ovviamente, senza al­cuna indebita pressione.

In tale circostanza il finanzia­mento, data la notoria situazione di restrizione del credito banca­rio, non mi è stato concesso, men­tre ho ottenuto invece finanzia­menti da altre banche, a confer­ma dell'evidente affidabilità del mio Gruppo.

Ma in che Paese viviamo?

Apprendo dai giornali che sarei indagato per istigazione alla corruzione per aver pro­messo o dato denaro o altre utili­tà a tre consiglieri del Comune di Monza per convincerli ad appro­vare un Pgt che tra l'altro non è stato approvato, con lo strano passaggio di ben 8 consiglieri su 28 dalla maggioranza all'opposi­zione (e questo fatto meritereb­be probabilmente una maggiore attenzione da parte della Magi­stratura) riducendo un'area ac­quistata negli anni ' 70 come edifi­cabile per oltre 1.500.000 mc ad area agricola! Tre consiglieri con cui tra l'altro non ho mai avuto nessun rapporto, né diretto né per interposta persona, e che non ricordo neppure di aver mai conosciuto o soltanto incontra­to negli ultimi 5 anni.

Ma in che Paese viviamo?

Sono processato perché il mio Giornale ha pubblicato una noti­zia «vera» («abbiamo una ban­ca!»), che svelava i rapporti per lo meno curiosi tra un leader poli­tico e il presidente di un gruppo assicurativo per l'acquisizione di un importante gruppo banca­rio: unico editore nella storia d'Italia ad essere processato per diffusione di notizie (vere) in un Paese dove è ormai norma pub­bl­icare anche illecitamente e im­punemente le notizie che più at­tengono la sfera personale, pur­ché di persone il cui cognome ini­zi per Berlu... e finisca per ...sco­ni.

E nel medesimo processo so­no accusato di millantato credi­to e ricettazione, perché avrei preteso e ricevuto da un impren­ditore oltre 500.000 euro per aiu­tarlo ad acquisire un appalto in Romania, mentre la realtà è che sono vittima di un faccendiere senza scrupoli che a mia assolu­ta insaputa e usando il mio nome ha architettato tale truffa inta­scando i soldi di un ingenuo im­prenditore, cosa di cui io vengo a conoscenza solamente cinque anni dopo, al momento della mia incriminazione!

Ma in che Paese viviamo?

Questo mio sfogo nasce dall'impossibilità di tacere ulterior­mente e vedere che si accumula­no sul mio conto una serie di ca­lunnie senza reagire, consenten­do­una continua e sistematica de­molizione della mia immagine e di quella del mio Gruppo, in cui lavorano da più di 40 anni oltre 250 persone che ho l'onore di gui­dare e rappresentare.

Ma quanti imprenditori italia­ni vivono il mio stesso stato d'ani­mo e che, anziché lavorare e com­battere per creare posti di lavoro e realizzare progetti, in un mo­mento di grande crisi economi­ca come quella che stiamo viven­do, passano il loro tempo a difen­dersi da illazioni, calunnie, stru­mentalizzazioni e spesso inter­venti infondati della Magistratu­ra che poi si risolvono in nulla, mentre l'immagine delle loro aziende viene demolita quotidia­namente, spesso ad esclusivo vantaggio di aziende concorren­ti e straniere?

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