Giannino non ha fermato il suo declino

Il colpo decisivo, prima ancora degli elettori che hanno ridotto il suo movimento, Fare per Fermare il declino, a percentuali da prefisso telefonico, gliel'ha dato Mago Zurlì. Già, perché nella gara di bufale che ha caratterizzato l'ascesa di Oscar Giannino e il suo, quello sì, repentino declino a pochi giorni dalla chiusura della campagna elettorale, c'è stata persino questa: la partecipazione da bimbo allo Zecchino d'Oro, smentita da Cino Tortorella, mago Zurlì appunto. E così il «declino», nelle urne si è palesato con le dimensioni di un baratro. A spoglio ancora in corso questo il quadro: 0,9% al Senato, 1,1% alla Camera. Abbastanza per ritirarsi, anche se con un tocco di veleno notturno visto che ha gongolato, su Twitter: «È “Fare” a non far scattare a Silvio Berlusconi il premio anche alla Camera. Che mi asfalti tutte le sere a Striscia la notizia, ok così».

Finisce così l'avventura politica di Oscar Giannino, giornalista, eclettico protagonista di questa campagna elettorale fino a quando, come nella favola in cui il bambino grida che il re è nudo, il castello di bugie non è crollato. A lanciargli il siluro fatale uno dei suoi uomini di punta, l'economista Luigi Zingales. Che lo ha sbugiardato a mezzo stampa svelando che il master alla Chicago Booth school of business presente nel curriculum in realtà era una bufala. Da lì è stata valanga: falsa anche un'altra laurea, falsa persino la partecipazione allo Zecchino d'Oro (erano le selezioni).

Dopo cotanto surreale festival di bufale, inevitabile il finale: Giannino, giovedì scorso, ha gettato la spugna e si è dimesso da leader del partito, promettendo di lasciare la poltrona in caso di elezione. Gli elettori lo hanno tolto dall'imbarazzo, tributando al partito percentuali infinitesimali. Ieri, a urne aperte, Giannino ha parlato solo via Twitter. Prima per commentare genericamente il risultato, quindi per gongolare e attribuirsi il mancato premio del Cav alla Camera. Fine.