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E il gip vietò d'intercettare i vertici della banca

Respinte tutte le richieste dei pm. Negato anche il permesso di perquisire abitazione e ufficio di Mussari

E il gip vietò d'intercettare i vertici della banca

Roma - Nelle 30mila pagine di atti giudiziari che riempiono i 58 faldoni dell'indagine Mps e Antonveneta c'è un'anomalia. Brogliacci e intercettazioni si contano sulle dita di una mano. In compenso, nelle carte abbondano i provvedimenti di rigetto del gip toscano, Ugo Bellini, che più volte ha risposto picche alle reiterate richieste dei tre pm titolari dell'indagine di intercettare i protagonisti del «groviglio armonioso» senese: i vertici di Rocca Salimbeni, ma anche i politici locali che sulle nomine di quei vertici avevano interesse e influenza.

Una lunga teoria di rifiuti che ha turato le orecchie agli inquirenti e risparmiato a politici e a indagati probabili imbarazzi: persino l'ascolto delle utenze di Mussari, caldeggiato dagli investigatori e richiesto dai pm, in un'occasione è stato respinto dal giudice, che ha negato anche il via libera a una perquisizione nella primavera scorsa a casa e nello studio dell'ex presidente.

Il dettaglio collima con le affermazioni fatte - a proposito della presenza di omissis nelle carte depositate con la chiusura dell'indagine - mercoledì scorso in conferenza stampa da uno dei tre magistrati che si occupano delle inchieste sulla banca senese, Antonino Nastasi. Secondo il pm gli omissis sono pochi perché anche «le intercettazioni sono poche». E, come dimostrano gli atti, non per volontà della procura. Secondo la quale, per esempio, sarebbe stato utile mettere sotto intercettazione anche l'ex sindaco ed ex parlamentare Ceccuzzi - considerato dai pm potenzialmente coinvolto dai flussi informativi su quanto accadeva nella Fondazione nella Banca. Ma il gip Bellini non era dello stesso parere. Un'anomalia o soltanto un'insolita per quanto legittima dialettica tra magistratura inquirente e giudicante? Di certo, i rapporti tra il gip senese e la procura sono spesso stati poco armoniosi.

A maggio scorso, uno dei precedenti più clamorosi. Il presidente del tribunale di Siena, Stefano Benini, scrive al Csm chiedendo rinforzi d'organico, e per mettere in risalto lo stato di «emergenza assoluta», nella lettera fa cenno alla volontà del gip Bellini «di essere sollevato da quella funzione: la demotivazione e il timore di non essere all'altezza del compito, quantitativamente e qualitativamente, sono evidenti». Non così evidenti per Bellini, però, che l'indomani smentisce il capo del tribunale, negando di voler mollare l'inchiesta Mps e semmai suggerendo di esser «sollevato almeno temporaneamente dalle altre indagini». Di certo Bellini è rimasto al suo incarico, quello dal quale ad aprile ha stoppato il maxisequestro da 2 miliardi per la banca Nomura, per Vigni e per Mussari.

Confutando sia le ragioni d'urgenza del provvedimento che le accuse - usura e truffa - ipotizzate dalle toghe della procura, che contro il no del gip hanno presentato ricorso al Riesame (incassando un altro no) e, pochi giorni fa, in Cassazione.

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