Caso Sallusti

E l'ultima parola va al giudice del caso Sme

Guido Brambilla dovrà decidere entro venerdì se concedere a Sallusti il permesso di uscire di casa per andare in via Negri

Milano - L'ultima parola sul destino di Alessandro Sallusti approda sulla scrivania di un giudice timido e discreto: di cui già una volta le cronache si dovettero occupare e nemmeno allora per sua colpa. Guido Brambilla, cinquantacinque anni, milanese doc, è uno dei magistrati del tribunale di Sorveglianza di Milano, quelli che seguono in concreto il percorso carcerario dei condannati, e aprono - se del caso - loro la strada verso le pene alternative. Ogni giudice è competente per i detenuti che iniziano con tre o quattro lettere dell'alfabeto. E Brambilla ha la J, la K e la S.
S come Sallusti, dunque. Cinque giorni di tempo, fino a venerdì, per decidere sul caso senza precedenti di un condannato che chiede di andare in carcere a espiare la sua pena, e di una Procura che cerca in tutti i modi di impedirglielo. Chi conosce Brambilla - da sempre considerato vicino alle posizioni di Comunione e Liberazione - garantisce che al momento della decisione non si farà condizionare dal clima del momento, e valuterà l'insolita situazione alla luce della legge: sia quando dovrà decidere sulla richiesta del procuratore Bruti di mandare il direttore del Giornale agli arresti domiciliari senza nemmeno passare da San Vittore; sia quando dovrà valutare le eventuali richieste di Sallusti, come quella di poter uscire di casa per andare a lavorare. È una concessione che chi espia la pena ai «domiciliari» ottiene praticamente sempre, in modo da non perdere il posto. Ma quali confini di orario e di spazio mettere a chi fa un lavoro anomalo come il direttore di quotidiano?
In teoria, Brambilla potrebbe anche ritenere che la norma invocata da Bruti per imporre a Sallusti gli arresti domiciliari non possa essere accolta, e per il giornalista si aprirebbero quasi automaticamente le porte del carcere. Il tema è complesso, perché a memoria di giudice non ci sono precedenti, e interpretare articoli e commi è complesso.

Ma che Brambilla non si farà condizionare lo dimostra anche il suo passato: quando faceva parte del tribunale che giudicava Silvio Berlusconi e Cesare Previti per l'affare Sme il ministro Castelli accolse all'improvviso una sua richiesta di trasferimento; Brambilla chiese e ottenne di restare al suo posto fino alla fine; ma non si fece problemi a dimezzare le condanne chieste dalla Procura, stabilendo che di una stecca ai giudici della Sme non c'era alcuna prova.

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