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E Monti si scoprì filotedesco: "Troppa irritazione con Berlino"

Il premier striglia le Camere per le frasi sulla Germania: "Eccessiva insofferenza". E sull’impegno dell’Italia: "Avanti con le riforme, potremmo non chiedere aiuti"

E Monti si scoprì filotedesco:  "Troppa irritazione con Berlino"

nostro inviato a Firenze

Un grido d'allarme, una fotografia degli umori e dei malumori diffusi nel Parlamento italiano, ma anche un messaggio esplicito spedito verso Berlino. Mario Monti sceglie la platea del bureau del Partito popolare europeo e dell'Istituto universitario europeo di Firenze per esprimere la sua preoccupazione verso un fenomeno che rischia di minare la tenuta dell'Unione: la crescente ostilità con cui le forze politiche italiane guardano alla Germania. Ma anche il timore per le tentazioni «euro-egoiste» che sempre più spesso vengono accarezzate dai partiti tedeschi e in particolare dalla Csu, protagonista nelle ultime ore di alcune sparate elettoralistiche.

«Nel Parlamento italiano, che frequento molto in questo periodo, ci sono due gruppi, uno di centro e uno di centrodestra che afferiscono alla famiglia del Ppe, così come Cdu e Csu» spiega. «Ebbene, dall'inizio del mio governo a oggi ho visto nel Parlamento e in quei due gruppi che avevano come punto di riferimento alto la Germania e chi la governa, bollire e ribollire insofferenza verso la Germania e il governo tedesco». Insomma, fa capire Monti, questo fattore va tenuto in considerazione e non va sottovalutato all'interno di una famiglia politica come quella del Ppe. Perché questi sentimenti sono anche figli delle prese di posizione che rimbalzano dalla Germania.

«Quale reazione dobbiamo avere quando leggiamo dichiarazioni di un partito che si chiama cristiano e sociale nei confronti di altri popoli?», chiede il presidente del Consiglio italiano criticando l'atteggiamento della Csu bavarese rispetto alla crisi dell'Eurozona. «Un partito - aggiunge il premier - che ha contribuito enormemente alla costruzione del modello dell'economia sociale di mercato, di un partito che prospera politicamente, per merito suo, in una delle regioni centrali d'Europa, la Baviera». «Quando vediamo in bocca a certe personalità frasi che sono di disgregazione e non di integrazione immagino - conclude Monti- che anche nel Ppe ci sia uno sforzo grande e profondo per non far emergere i motivi di disagio».

Monti, accolto da Joseph Daul, Mario Mauro e Roberta Angelilli con cui poi si intrattiene a pranzo alla Badia Fiesolana, decide anche di esporsi nell'esprimere la sua naturale affinità con il Ppe. «Presiedo un governo italiano appoggiato da due partiti che afferiscono al Ppe con il quale c'è da sempre una particolare vicinanza. Cosa mi lega ai Popolari europei? L'economia sociale di mercato, alla quale ho ispirato tutta la mia attività di commissario europeo. In particolare la visione tedesca dell'economia sociale di mercato che risultati brillanti produsse nel Dopoguerra». Monti rivela anche come negli anni Novanta gli fu chiesto un parere riservato sulla domanda di iscrizione al Ppe pervenuta dalla prima creatura politica di Silvio Berlusconi. «Non ho mai fatto parte di partiti politici. Nel '94 fui nominato Commissario Ue per designazione del governo Berlusconi ma comunque sono entrato nella Commissione da non iscritto. Ho però sempre avuto una particolare frequentazione, dimestichezza e affinità con Ppe». Una vicinanza che ha portato a «sentirmi chiedere in confidenza da predecessori dell'attuale presidente del Ppe un giudizio sull'ammissione di Forza Italia al Ppe». Al quale l'attuale premier rispose positivamente perché «ritenevo fossero gli ideali di quel nuovo partito coerenti con i valori di fondo del Ppe». L'ultimo passaggio è diretto alla platea che ha di fronte, una rivendicazione orgogliosa del peso dell'Italia in Europa e dei sacrifici compiuti in questi mesi. «Abbiamo fatto cose molto pesanti per tenere l'Italia nel cuore e non ai margini dell'Europa». «L'Italia continua a muoversi con disciplina sulla strada delle riforme. Per questo motivo potrebbe anche non essere necessario ricorrere ad aiuti», aggiungerà Monti in serata dopo l'incontro con il presidente della Commissione Ue Barroso.

Secondo Monti «dovremmo discutere se stilare un codice di condotta nel linguaggio pubblico di coloro che amano chiamarsi leader europei: in una fase di tanto facile scatto dei sentimenti, delle demagogie e dei populismi, in cui l'euro può diventare fattore di disgregazione tra i popoli europei, ci manca solo che i governanti nazionali cavalchino l'onda anti-Bruxelles dopo aver partecipato, magari distrattamente, alle decisioni prese a Bruxelles». Una disciplina che il Professore rivendica come prassi adottata senza cedimenti dalla propria squadra di governo.

«Io e i miei ministri ci siano fatti un punto di impegno che ogni volta che parliamo di vincoli europei mai diciamo che dobbiamo fare sacrifici perché l'Europa ce li chiede, perché questa è la cosa peggiore che un politico possa fare, perché consapevolmente distrugge la fiducia verso il disegno europeo».

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