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Ecco i casi che fanno sperare nell'agibilità piena

Da Corona ai frontalieri, perché l'ex premier può ottenere restrizioni blande

Nell'improvvisa (e per alcuni versi imperscrutabile) svolta buonista della magistratura milanese nei confronti di Silvio Berlusconi, si fa largo in queste ore una ipotesi ancora più rosea. Una ipotesi che permetterebbe di fatto al Cavaliere di svolgere praticamente a tempo pieno e senza limitazioni sostanziali il suo ruolo di leader politico, durante la campagna elettorale per le europee, e anche più in là, per tutta la durata dell'affidamento in prova ai servizi sociali.

Questo scenario si basa su un presupposto: che il tribunale di Sorveglianza, quando la settimana prossima depositerà la sua ordinanza, accolga la richiesta di affidamento avanzata da Berlusconi. Fino a pochi giorni fa, non era affatto scontato che andasse a finire così. Ma dopo che il procuratore generale Antonio Lamanna, spiazzando gli stessi legali del condannato, ha dato il suo okay, ma sarebbe veramente inconsueto che il tribunale scavalcasse in severità la pubblica accusa, che ha richiamato esplicitamente l'esigenza di trattare il condannato Berlusconi come qualunque altro.

Affidamento ai servizi sociali, dunque. E con le norme di ogni altro condannato, illustre o sconosciuto. Qui si apre il varco. Ai condannati, più ancora che improbabili attività rieducativa in comunità di vario genere, i giudici chiedono soprattutto di lavorare, se ne hanno la possibilità. È il lavoro, dicono le sentenze, la strada maestra per evitare i rischi di ricaduta nella devianza. Per questo, le maglie - già di per sé non rigidissime - degli obblighi connessi all'affidamento in prova ai servizi sociali, vengono abitualmente allargate per consentire al condannato di svolgere la propria attività lavorativa. Esempio classico: chi fa di mestiere il camionista viene autorizzato a viaggiare su e giù per la penisola alla guida del proprio Tir; e ai lavoratori frontalieri, residenti nei confini italiani ma abituati a lavorare in Svizzera, viene permesso addirittura di espatriare.

La convinzione che sta prendendo piede è che il «lavoro» di Berlusconi sia fare politica, e che impedirgli i movimenti connessi alla sua attività di leader costituirebbe una ingiusta disparità di trattamento rispetto agli altri condannati. Così verrebbero allargate diverse maglie del sistema di obblighi previsto dal tribunale di sorveglianza. Si allenterebbe il vincolo agli spostamenti fisici, che di solito prevede il divieto di allontanarsi da Milano o dalla Lombardia senza il placet del giudice di sorveglianza. A Berlusconi invece (come peraltro hanno chiesto i suoi difensori durante l'udienza) il decreto del tribunale potrebbe lasciare spazi assai maggiori: le regioni confinanti alla Lombardia; oppure il Lazio, in quanto sede della Capitale politica del Paese; o l'intera nazione. Ma verrebbero allentati anche gli obblighi orari, quella fascia che va dalle 23 alle 6 di ogni notte durante la quale gli «affidati» non possono uscire di casa: ma anche su questo versante si tiene conto del diritto-dovere del condannato a svolgere un lavoro, e si racconta che anche Fabrizio Corona, la cui attività di agente di spettacolo era intimamente legata alla vita notturna, ottenne di poter rientrare abitualmente alle tre. Come rifiutare a Berlusconi una possibilità analoga?

Quella che sta prendendo forma, insomma, è la possibilità per il condannato di espiare la sua pena in una situazione assai simile alla libertà. Di come avrà sfruttato questa chance, Berlusconi (a meno di eventi clamorosi, come la revoca della misura ventilata dal pg Lamanna in caso di esternazioni anti-giudici) dovrà rendere conto solo alla fine, quando gli assistenti sociali manderanno al tribunale la loro relazione, sulla cui base i giudici decideranno se dichiarare l'esito positivo dell'esperimento, e considerare espiata la pena. Conterà il rispetto degli obblighi, conterà l'andamento degli incontri periodici di Berlusconi con gli assistenti sociali. Irrilevante o poco più sarà il lavoro volontario che il Cavaliere si è offerto di svolgere presso una comunità di disabili. Ma i giudici sanno bene che per i mass media il volontariato dell'ex premier è il boccone più ghiotto.

E infatti rifiutano di divulgare l'indirizzo della comunità.

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