Politica

ECCO COME MD HA IMPEDITO OGNI RIFORMA

Le mosse di Magistratura Democratica per bloccare le riforme della giustizia

ECCO COME MD HA IMPEDITO OGNI RIFORMA

Coincidenze. Un ministro della Giu­stizia, Clemente Mastella, nella te­naglia della magistratura: estate 2007,l’Anm,a trazione Magistratura demo­cratica, minaccia scioperi se la riforma del­la giustizia, ormai in dirittura d’arrivo, non seguirà le indicazioni del partito dei giudi­ci; dall’altra parte lo stesso Mastella,conti­nuamente al telefono con pm e giudici del­l’Anm, è indagato a Catanzaro nell’inchie­sta Why Not. Domanda: si può scrivere un testo così importante sotto la doppia pressione del partito dei giudici e di un’inchiesta? Ma questo è lo stato dell’arte su un crinale deci­sivo nei rapporti fra politica e magistratura e più in generale per la definizione del ruo­lo della magistratura in Italia. La sfida è de­cisiva: in quei giorni convulsi di luglio Ma­stella viene bombardato dall’Anm, il cui se­gretario è Nello Rossi di Md, perché siano recepite le direttive delle toghe. Ma con­temporaneamente si svolge una gara con­tro il tempo perché il fallimento di Mastella farebbe scattare inesorabilmente la prece­dente riforma Castelli, che per l’Anm è fu­mo negli occhi. Roberto Castelli, Guardasi­gilli del governo Berlusconi, ha partorito un’ambiziosissima legge che prevede, ad­dirittura, la mitica separazione delle carrie­re. O meglio, prevedeva perché i dubbi e qualcosa in più dei dubbi dei centristi han­no finito con l’annacquare lo spirito della norma. La separazione delle carriere, di cui si parla a vuoto da una ventina d’anni,è rimasta in un cassetto, perché per portarla in porto sarebbe stato necessario passare per la cruna dell’ago di una nuova legge co­stituzionale, figurarsi, ma Castelli ha tenu­to duro. E ha licenziato un testo che, in sin­tesi, colloca i pm da una parte e i giudici dal­l’altra. È la separazione non delle carriere ma delle funzioni, il massimo che si può fa­re in Italia, fra debolezze della politica e proteste dei giudici.
Il conto alla rovescia va avanti in quelle settimane: Mastella è bersagliato dai vertici dell’Anm e, con il premier Romano Prodi, è sotto inchiesta a Catanzaro dove Luigi De Magistris si avvale dell’opera di un con­sulente discusso, Gioacchi­no Genchi. Mastella a fine mese porta a casa le norme che disinnescheranno quelle targate Castelli. La controriforma Castelli,come l’hanno bollata i signori del­l’Anm.
L’Italia,che oggi avrebbe bisogno di cam­biare marcia proprio sulla giustizia, sconta ritardi che sono anche il frutto di quelle giornate. Mastella, pur di non perdere il tre­no, è andato anche a genuflettersi al conve­gno di Md, ma è stato trattato con una certe rudezza. Edmondo Bruti Liberati, oggi pro­curatore a Milano, gli ha risposto per le ri­me: «Attendiamo i fatti» senza rilasciare «cambiali in bianco».E Nello Rossi,segreta­rio dell’Anm, è stato altrettanto chiaro: «Vo­gliamo vedere i fatti e prima non faremo sconti a nessuno».Poi Mastella trova la qua­dra, ovvero vara una riforma che piace ai magistrati e manda su tutte le furie gli avvo­cati che da sempre denunciano lo strapote­re dell’accusa nelle aule di giustizia. Non importa, va be­ne così. Il comitato direttivo centrale dell’Anm - la termi­nologia è ancora sovietica ­approva con i voti decisivi di Md e delle altre correnti di si­nistra il doc­umento che fa re­tromarcia sugli scioperi. Tut­ti al lavoro. «Con la revoca della mia riforma- commen­ta amaro Castelli - emerge la verità vera che avevo previ­sto. L’agitazione è finita».
Coincidenze. De Magistris e l’indagine vengono spazzati via dal Csm. Per la cronaca Roma indaga e Rossi seque­stra l’archivio Genchi in cui c’è anche una telefonata fra lo stesso Rossi e Mastella, in­dagato da De Magistris e Genchi ma autore di una riforma non sgradita a Rossi. Sem­bra una filastrocca.

La giustizia è passata e passa ancora oggi lungo questi tornanti.

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