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Ecco le spese folli del Pd: 200 milioni di euro in 4 anni

I democratici hanno incassato un fiume di soldi pubblici, eppure sono in deficit. E addirittura reclamano: "Se non arriva l’ultima tranche dei rimborsi elettorali chiudiamo"

Ecco le spese folli del Pd: 200 milioni di euro in 4 anni

Più di duecento milioni di euro divorati in soli quattro anni, su un totale mostruoso di 247 milioni di euro maturati dal 2008 ad oggi. Al Pd non sono bastati i 134 milioni incassati come «rimborso» per le Politiche 2008, i 39 milioni per le Europee 2009, i 21 per le Regionali 2010, più altri milioncini qua e là (altre regioni). Questo fiume di soldi pubblici è finito in un buco nero, che nell’ultimo bilancio è di 43 milioni (disavanzo). Incredibile ma vero.

Democratici sul lastrico (come il Pdl peraltro, altro partito milionario ma al verde), che quindi chiedono l’ulteriore tranche di 48 milioni entro il 31 luglio di quest’anno: «Se non incassano la rata di luglio, i partiti chiudono» avverte il tesoriere del Pd intervistato dal Fatto quotidiano. Ancora a batter cassa? Ma che ci fa il Pd con tutti quei soldi? Come fare a spiegare alle aziende che tirano la cinghia per non chiudere, che 50 milioni di euro l’anno di finanziamento statale (200 in quattro anni) non bastano al Pd, ma ne servono ancora?
Certo, ci sono le spese per le campagne elettorali, le sedi e i dipendenti, le campagne di comunicazione (alcune fallimentari, come quella con la scritta funeraria «Oltre» e Bersani in black and white e maniche di camicia... pagata quanto?), le «attività culturali, di informazione e comunicazione». Tipo il «Dopofestival a Sanremo», che risulta nelle attività «più significative» della campagna elettorale 2010, nel bilancio di quell’anno del Pd.

Una domanda se è concessa: ma che ci è andato a fare il Pd al Dopofestival? Una competizione canora tra Rosy Bindi e Veltroni? Una spesa proprio necessaria? Diciamo che nel Pd non badano troppo alle spese. Per esempio, erano proprio indispensabili quei 2.165.000 spesi in un solo anno per «viaggi, trasferte, alberghi, ristoranti e spese di rappresentanza»? Poi ci sono 20 milioni di euro per «propaganda elettorale e comunicazione politica», 1,4milioni per «consulenze e collaboratori».
L’igiene è importante, e la sicurezza dei dipendenti del Pd altrettanto, e infatti per pulire le sue sedi e per fare vigilare il partito di Bersani ingaggia fior di società, che si fanno pagare (in un anno) 1,8 milioni di euro.

Oltre a questi ci sono poi le telefonate che i membri del Pd si fanno e che il partito paga: siamo sui 700mila euro ogni dodici mesi. Più che un partito il Pd sembra un’azienda, visto che per gli stipendi del personale spende in un anno un botto di milioni. Negli ultimi due anni il partito ha completato il lungo processo di trasferimento dei dipendenti dei Ds e della Margherita nella sua pianta organica. «Conseguentemente il costo relativo al personale è aumentato da euro 9.796.000 a 12.118.000».

Tutti costi a cui poi vanno aggiunti i cosiddette «spese per godimento beni terzi», che poi significa gli affitti o le spese di leasing. Qui il Pd brucia 3.471.000 euro l’anno. Sommate queste spese ai servizi di cui dicevamo, si arriva, sempre in un anno, a 30 milioni di euro di spese per il Pd.
Il Pd controlla poi due società, una (la Eventi Italia Srl) è quella che fa la tv satellitare di partito Youdem (che è un costo di 2 milioni l’anno per le casse Pd) e poi la Eventi Italia Feste Srl che organizza le ex feste dell’Unità. Ma se il vecchio Pci faceva tutto con i volontari militanti, il Pd ha privatizzato anche le salamelle, nel senso che affida a consulenti esterni (che quindi costano) «gli aspetti organizzativi e logistici delle Feste».

Sugli affitti poi c’è un piccolo dettaglio. Il Pd nasce dalla fusione di Ds e Margherita, un matrimonio in totale separazione dei beni. Rutelli (e soprattutto Lusi) si sono tenuti i soldi del loro partito e la sede a Roma, i Ds i debiti ma pure gli appartamenti. Che sono una montagna, circa 2.500 immobili sparsi in tutta Italia, messi da D’Alema e Veltroni in 57 fondazioni (giuridicamente diverse dal partito Ds, che è vivo e vegeto, come gli altri partiti-zombie che continuano a prendere il rimborso elettorale anche dopo lo scioglimento politico) che li gestiscono attraverso società immobiliari.

Cosa significa per le casse del Pd? Significa che il Pd, creato da due partiti ricchi (uno di case, l’altro di soldi) è nato povero e homeless, senza sede. Infatti il partito di Bersani è costretto a vivere in affitto, non avendo nemmeno un immobile. Paradosso dei paradossi: in affitto da chi? Dai Ds, che riscuotono l’affitto per diverse sedi locali, e anche dalla Margherita, che gli subaffitta la sede nazionale di via Sant’Andrea delle Fratte, a Roma. In sostanza Ds e Margherita «lucrano» sul Pd, che hanno creato, e che poi finisce senza soldi anche perché deve pagare a loro gli affitti.

Una follia. E ci chiedono l’«ultima tranche»?

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