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Emergenza carceri, la Cancellieri: "Il tema mi sta a cuore"

Il neo Guardasigilli ricorda le condanne di Strasburgo. L'appello di un ex detenuto: "In cella tanti innocenti, anche io chiedo giustizia"

Emergenza carceri, la Cancellieri: "Il tema mi sta a cuore"

«Il tema del sovraffollamento delle carceri è una priorità, che mi sta molto a cuore», ha detto ieri il neo ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, conversando con i giornalisti al Senato. L'ex titolare del Viminale ha ricordato come l'Italia sia stata più volte «condannata dalle Corte europea per lo spazio troppo esiguo riservato ai detenuti italiani».

C'è un uomo, uscito dal carcere ormai quasi da tre lustri, che al neo Guardasigilli potrebbe dire molto su questa ingiustizia. Lui che di anni dietro le sbarre ne ha passati più di dodici - ingiustamente, dice lui - da Bergamo a Busto Arsizio, da Monza a Opera, Pavia, Novara e Asti, giusto per citarne alcune. Se l'Italia ha ricevuto così tante condanne è anche per «colpa» di Gianfranco Consoli, bergamasco diventato famoso tra gli sbirri come la «Primula Rossa» della Val Cavallina. Molti detenuti in attesa di giudizio si sono rivolti a lui, che per loro stampa i moduli per fare ricorso a Strasburgo. Oggi che è fuori - come scrive il sito http://www.frontedelblog.it - continua a occuparsi dei diritti dei detenuti e a denunciare i paradossi della giustizia italiana sul suo blog http://cavolandia.qblog.it.

Innocente. Lui si è sempre proclamato innocente. E a leggere la sua storia non è difficile dargli torto. La storia l'ha raccolta Manuel Montero: «Siamo agli inizi degli anni '80, quando si verifica un clamoroso sequestro di persona. Non uno dei tanti che attanagliavano la borghesia italiana. Accade in Olanda. Vittima Antonia Van der Valk, moglie del proprietario di una catena alberghiera. Il rapimento dura tre settimane, dal 27 novembre al 17 dicembre 1982. Ai banditi il colpo frutta qualcosa come dieci miliardi delle vecchie lire, un riscatto che non verrà mai ritrovato. In compenso si muove la polizia di mezza Europa. E si scopre che gran parte della banda proviene dalla bergamasca. "Conoscevo qualcuno di loro, e per questo sono entrato nelle indagini della polizia dei Paesi Bassi", dice oggi Consoli a frontedelblog.

«All'epoca - scrive Montero - Consoli era in Olanda, venne arrestato per una vecchia condanna diventata definitiva e interrogato (come testimone e come imputato) sul sequestro. "Mi dichiarai innocente e chiesi di essere estradato per difendermi davanti ai giudici naturali, quelli olandesi. La richiesta fu ignorata e l'Olanda non mi convocò nemmeno come testimone"». Poi, nulla, fino all'88 quando inizia l'istruttoria italiana. Un poliziotto olandese dice di aver trovato le sue impronte su una bottiglia di birra trovata nell'appartamento del sequestro. «Ma io sono astemio. Chiesi di acquisire le impronte di vederle». Niente. Dice Consoli a frontedelblog.it: «"Se così fosse stato, se io avessi fatto parte della banda, avrebbe dovuto giudicarmi l'Olanda per quanto commesso". Invece non accadde. L'Olanda non aveva nemmeno investito l'Italia della convenzionale domanda di perseguimento. Tantomeno, in Italia, ci fu mai, mi risulta, una richiesta di procedere". La difesa chiede il rito abbreviato, svolto con l'istruttoria olandese». Le «tracce dattiloscopiche»? Non c'erano.

Consoli viene condannato, ma in una lettera del Consolato generale olandese del 27 ottobre 1994, quando la sua condanna è ormai definitiva, si legge: «Contro di Lei non è mai stata intentata una causa penale». Innocente, incensurato in Olanda. Colpevole e condannato in Italia. A gennaio Consoli ha scritto all'allora ministro di Giustizia Paola Severino: «Ho fatto 12 anni di galera per un sequestro che non ho mai commesso, del quale non ero nemmeno stato accusato in Olanda e sul quale l'Italia non aveva competenza giurisdizionale, voglio ottenere la revisione del processo».

La palla passa al ministro Cancellieri.

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