Politica

Escort, Renzi ci ride sopra ma Firenze non si diverte

Stilisti, avvocati, politici, procuratori di calcio: la città del rottamatore si riscopre sporcacciona. Il sindaco: «Per colpire me». In realtà lui riesce bene a colpirsi da solo

Il sindaco di Firenze Matteo Renzi
Il sindaco di Firenze Matteo Renzi

Roma - Quanto è sottile il confine che divide le responsabilità penali dallo sputtanamento? Molto, forse troppo esile. L'indagine fiorentina sul giro di escort in lussuosi alberghi cittadini ne è un buon esempio. L'inchiesta nasce tre anni fa, il 21 giugno del 2010, quando - sembra di sentire la «Bocca di Rosa» di De André - la «moglie di un imprenditore fiorentino» bussa alla porta della polizia postale, e punta il dito contro il sito «escortforum» e contro l'hotel Mediterraneo, al centro secondo la signora di «un giro di prostituzione d'alto bordo». Da lì cominciano anni di intercettazioni di telefonate a luci rosse e piuttosto sboccate. Nomi di notabili cittadini assidui clienti degli albergatori e dell'orologiaio che gestiscono il «giro» di signorine - ben 142, tra «professioniste» e studentesse a caccia di guadagni facili - dettagli pruriginosi, classifiche prestazionali, l'immancabile sponda politica, tra un amplesso consumato dall'escort «ape regina» e un funzionario in una sala conferenze del Comune e il legame immobiliar-sentimentale della stessa escort, Adriana, con l'assessore renziano Massimo Mattei, che le aveva assicurato un tetto - dove la donna esercitava - grazie alla coop che presiedeva. Chiacchiere e particolari piccanti che finiscono nei faldoni dell'indagine del Pm Giuseppe Bianco. Non bastano a blindare la sua richiesta di arresto (per tutti i 14 indagati) e sequestri. Il gip, Antonio Banci, smonta buona parte del teorema. Dice no agli arresti, nega il sequestro preventivo dei due hotel coinvolti, concede solo il blocco del sito (già riaperto) e la sospensione per i due albergatori - Marco e Simone Taddei - dall'«attività d'impresa nel settore alberghiero». Il pm ha impugnato il rigetto del gip, il 6 agosto deciderà il Riesame.
Ma Firenze non ha avuto bisogno di aspettare conferme della solidità delle accuse. Per scatenare il pettegolezzo sono bastate le migliaia di pagine di intercettazioni divenute di pubblico dominio, i cui unici omissis coprono qualche parolaccia troppo brutale e - guarda caso - proprio le conversazioni che riguardano l'assessore, unico esponente politico finora coinvolto ma non indagato. Un «riguardo» forse dovuto, se fosse vera la notizia dello stralcio del fronte «politico» dell'inchiesta di cui si vocifera in città.
Il sindaco, Matteo Renzi, non l'ha presa bene. Ha incassato le dimissioni del suo uomo in giunta, motivate da problemi di salute, e ha snocciolato un paio di battute in contraddizione tra loro, prima respingendo l'immagine di Firenze «casa chiusa» («Siamo una città aperta») e poi attingendo ad antiche tradizioni libertine: «La città che ha visto il Decamerone di Boccaccio non si scandalizza per così poco». Forse non si scandalizza, Firenze, di certo si gode lo spettacolo dal buco della serratura offerto dalle intercettazioni, che diventa benzina per chiacchiere roventi sulle sponde dell'Arno. Un circo di nomi, in gran parte non indagati, finisce alla gogna: l'avvocato che tratta il prezzo di una ragazza per telefono, il figlio del famoso stilista amico dell'escort straniera che vuole incontrare qualcuno che le faccia «vedere due “centesimi” ogni tanto», il procuratore di calcio che «rappresenta» pure l'escort sudamericana, il ristoratore atteso da «due velone alla 143» del Mediterraneo, la barista-mamma indecisa se darla per soldi o solo per piacere.
Uno spaccato boccaccesco dei costumi sessuali fiorentini avvilente ma banale, già visto. Penalmente rilevante solo per la manciata di protagonisti che, per gli inquirenti, con l'esercito di signorine si sarebbero arricchiti. Quelle pagine hanno regalato un'indesiderata notorietà a molti che - se mai si celebrerà un processo - in tribunale non metteranno nemmeno piede. E hanno lasciato fuori la politica: persino l'assessore - presente nelle informative per conversazioni omissate e considerate «rilevanti» - sparisce nella richiesta del pm e nell'ordinanza del gip. Su Palazzo Vecchio restano «voci».

E l'inchiesta fiorentina, con i suoi tre anni di costose indagini, intercettazioni e pedinamenti, finisce derubricata a gossip locale.

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