Politica

Esperimento fallito, è già imploso il partito in provetta

Appena due anni fa ci prendevano per vecchi bacucchi legati a un passato che non ritorna, allorquando spiegavamo che il nascente Partito democratico era solo un’operazione da laboratorio. Una sorta, cioè, di organismo geneticamente mutato, incapace di riprodursi e di offrire alla società un ancoraggio comprensibile. Confessiamo che mai immaginavano che in così poco tempo avremmo avuto ragione in maniera così evidente. In politica gli errori sono come le ciliegie, uno tira l’altro, sino all’implosione. Due storie politiche maggiori, quella comunista e quella della sinistra democristiana, con una spruzzatina di storie minori e spesso personali non potevano infatti annullarsi e, annullandosi, partorire qualcosa di nuovo e di credibile. E così è stato. In poco più di un anno i dirigenti di quel partito sono stati capaci di creare un buco nero nella sinistra politica italiana in cui nessuno sa più cosa è, e men che meno sa per che cosa deve combattere e in quale direzione deve remare. Per qualche mese l’antiberlusconismo è stato il collante di quest’armata brancaleone. Subito dopo, è stata la volta del nuovo credo, quello di Barack Obama, il vitello d’oro della modernità secondo le semplicistiche analisi di Veltroni e compagni. E così hanno sposato acriticamente un modello politico ed economico come quello americano proprio nel momento in cui stava esplodendo. La politica è una cosa maledettamente seria ed è feroce con le compagnie di ventura. Dopo la botta elettorale, infatti, sta presentando per intero il conto al gruppo dirigente del Pd che, non avendo più alcuna identità, si sta dilaniando, al centro come in periferia, insidiato peraltro da forze qualunquiste che hanno assoldato le truppe peggiori dei vecchi grandi partiti. La nostra non è una sciocca polemica, anzi, è quasi una preoccupazione perché un sistema politico con una opposizione così sbarellata importa solo confusione ed incertezza con un danno per tutto il Paese. A quattro mesi dalle elezioni europee il Pd non sa ancora quale sarà la sua collocazione internazionale. Mentre la pattuglia diessina conferma l’adesione al Partito socialista europeo, Rutelli, Marini e Franceschini giurano che mai entreranno in quel partito e in quel gruppo parlamentare. I sindaci e i presidenti delle regioni e delle province del Nord (Chiamparino, Cacciari, Bresso, Vincenzi, Penati e via di questo passo) tentano di organizzarsi autonomamente, rifiutando di fatto la guida dell’intera dirigenza nazionale. Bassolino intanto tenta di fare un partito personale con quella parte di Rifondazione che sta uscendo dal partito (Vendola e compagni), strizzando l’occhio ai suoi vecchi alleati democristiani responsabili dello sfascio campano, prima fra tutti Rosetta Iervolino, la Mata Hari della nuova versione spionistica della politica italiana. Il tutto per conquistare un seggio di parlamentare europeo. E, tanto per concludere la carrellata di questo strano carnevale politico, Renato Soru, contro il parere di Veltroni e in polemica con il Pd, si dimette per andare alle elezioni anticipate in Sardegna, sognando di essere il nuovo anti-Berlusconi, mentre Lorenzo Dellai, uomo intelligente e per certi aspetti profetico, ha vinto le elezioni in Trentino con il suo movimento, prendendo le distanze dal Pd, che peraltro non gli ha potuto far mancare il proprio appoggio. Uno spappolamento di queste proporzioni non ha precedenti nella storia repubblicana. Bisogna forse risalire alla frantumazione del vecchio Partito liberale nel primo dopoguerra per riconoscere lontane analogie. Ma in quel caso, almeno sul piano culturale, restava un comune ancoraggio all’idea liberale. Nel tramonto del Partito democratico, invece, non c’è neanche questo, e ci ritorna alla mente ciò che nella scorsa estate dicemmo a due autorevoli dirigenti di quel partito, uno democristiano e uno comunista, incontrati casualmente a Montecitorio. O vi separate per tempo, o morirete abbracciati, dicemmo con tono profetico.

Vedemmo nei loro occhi un lampo di commiserazione nei nostri riguardi e capimmo che avevano scelto la strada di morire abbracciati.

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