Politica

Gli ex premier assenteisti pagati per non lavorare

Letta e Monti si distinguono per essere tra i meno presenti alle sedute in Parlamento

Il passaggio di consegne fra Mario Monti e il neo premier Enrico Letta
Il passaggio di consegne fra Mario Monti e il neo premier Enrico Letta

L'ascensore del potere, si sa, compie spesso brusche frenate. E le oscillazioni e le fermate - impreviste, momentanee o permanenti che siano - possono essere dolorose e lasciare il segno. Chi di certo sta sperimentando il contraccolpo delle sfumate glorie politiche, delle fanfare diventate silenziose, dei titoli tramutati in trafiletti, il passaggio dai riflettori internazionali all'ombra della periferia politica, sono due ex presidenti del Consiglio come Mario Monti ed Enrico Letta, tanto che sono ormai «spariti» anche dal Parlamento. Spariti per assenteismo.

Il primo è finito insabbiato nelle liti interne a Scelta Civica e forse rimpiange quella voce della saggezza e della coscienza che nell'ottobre 2012 - ipse dixit - gli suggeriva di tenersi alla larga dalla politica. Il secondo, dopo il colpo basso della defenestrazione da Palazzo Chigi e la gelida stretta di mano con Matteo Renzi, si è prima concesso un viaggio in Australia per raccogliere le idee, poi si è imposto per alcuni mesi una disciplina da osservatore esterno delle vicende politiche italiane, forse per tornare al suo storico status di uomo al servizio delle istituzioni e di riserva della Repubblica. Ora Letta sta gradualmente e con scientifica misura riconquistando spazi di visibilità. Lunedì scorso, ad esempio, è apparso per la prima volta alla «sua» Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa per discutere delle «Sfide della presidenza italiana del Consiglio dell'Ue», uno dei primi interventi in ambito accademico in Italia dopo l'impegno come docente presso l'Institut d'études politiques di Parigi.

La parabola di Mario Monti ed Enrico Letta ha, dunque, punti in comune, a fronte di evidenti diversità caratteriali e anagrafiche. Dove i due ex presidenti del Consiglio mostrano comportamenti simili è nell'idiosincrasia verso le Aule parlamentari. Come riporta l'Espresso, Letta dalla fiducia al governo Renzi del 25 febbraio, è stato presente 12 volte alla Camera, partecipando solamente a sedute nelle quali ci sono state votazioni elettroniche. Dal 26 febbraio a oggi, la Camera si è riunita in 38 sedute per votare su vari provvedimenti. Letta è stato presente solo nel 31% di queste. Se prima non poteva essere presente alle discussioni parlamentari perché impegnato come premier, (il suo indice di votazioni effettuate da inizio legislatura, come è possibile verificare sul sito www.camera.it, è del 3,23%) ora non partecipa ai lavori per sua scelta.

Se Letta è tra i più assenti alla Camera, Mario Monti lo imita al Senato. Come attesta il sito di Palazzo Madama, il Professore, nella sua qualità di senatore a vita, ha il 7,45% di presenze (sempre basate sul computo delle votazioni) nel periodo che va da inizio legislatura fino a fine maggio. Il sito OpenParlamento, aggiornato in tempo reale, lo accredita, invece, di una percentuale leggermente più bassa: 6,25%. Entrambi i casi fanno naturalmente riflettere sull'opportunità di legare gli emolumenti alle presenze in Aula o in Commissione. Un argomento al quale dal Palazzo si risponde obiettando che non può essere soltanto la frequentazione assidua della Camera o del Senato - ovvero del «luogo di lavoro» degli eletti o dei nominati - il metro di giudizio dell'attività politica e istituzionale, ma bisogna tenere conto della qualità. Una tesi che ovviamente fa venire l'orticaria a qualunque comune lavoratore. Bisogna dire che per quanto riguarda i senatori a vita un piccolo passo in avanti è stato compiuto. Nello scorso novembre l'Aula di Palazzo Madama approvò con una maggioranza schiacciante, 254 voti contro 4 no e 4 astenuti, un ordine del giorno di M5S sottoscritto anche dalla Lega che proponeva di cancellare l'esenzione per i senatori a vita dal rilevamento relativo alle presenze in Aula ai fini della corresponsione della parte variabile. I questori raccolsero subito quella sollecitazione. Da allora i senatori a vita vengono penalizzati sulla diaria di 256 euro per ogni giornata di assenza dal voto e di 128 per ogni assenza in Commissione, come ogni altro senatore «mortale». Resta naturalmente la parte fissa che è la più consistente.

E che viene corrisposta ugualmente tanto ai campioni delle presenze, quanto ai «fantasmi» di Palazzo Madama e Montecitorio.

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