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La faida fra le toghe rimaste orfane dell'arcinemico

L'immagine della Procura di Milano fino a ieri era di compattezza ed efficienza. Ora di colpo è inghiottita da un gorgo di veleni da cui rischia di uscire distrutta

La faida fra le toghe rimaste orfane dell'arcinemico

Perché proprio adesso? Di fronte allo spettacolo disarmante e preoccupante offerto dalla Procura della Repubblica di Milano, di fronte a lacerazioni e contrapposizioni frontali la cui gravità non viene più negata neanche dagli osservatori più benevoli, bisogna domandarsi: come è possibile che un ufficio giudiziario la cui immagine esterna era fino a ieri di compattezza e di efficienza, si trovi inghiottito di colpo da un gorgo di veleni da cui rischia di uscire distrutto? È accaduto tutto all'improvviso? O qualcosa covava, e solo adesso, chissà perché, deflagra?

Sono domande cruciali, perché della lunga stagione giudiziaria vissuta dall'Italia dal 1992, la Procura milanese è stata la protagonista indiscussa. Capire il suo dramma odierno è essenziale per capire quanto in questi ventidue anni ha attraversato i rapporti tra politica e magistratura. E la risposta può essere una sola: tutto esplode adesso perché è venuto meno il grande collante che in questi anni ha tenuto insieme le anime diverse della Procura milanese e di tutta la magistratura italiana. Questo collante era l'emergenza Berlusconi. C'era un nemico comune, vissuto come tale non solo dai pm direttamente impegnati nelle inchieste su di lui, non solo nei settori radicali del sindacalismo delle toghe, ma dall'intero corpo della magistratura, perché metteva a repentaglio un quadro di norme ritenute irrinunciabili dalla categoria. In nome di questa difesa (dello Stato di diritto o dei privilegi di casta, il tema è discutibile all'infinito) la magistratura italiana si è schierata in questi anni compatta, e le poche voci dissenzienti sono state emarginate.

La chiamata alle armi ha messo per vent'anni la sordina alle divisioni ideologiche, alle divergenze culturali e professionali, alle rivalità e alle invidie personali. Ora, a torto o a ragione, l'emergenza viene considerata chiusa: il partito di Berlusconi fuori dal governo, Berlusconi fuori dal Parlamento, condannato in via definitiva, a espiare la pena tra i malati di Alzheimer, la stagione delle leggi ad personam ufficialmente chiusa dal nuovo governo. Missione compiuta, insomma. Così tutto riesplode di colpo, perché le differenze e le rivalità erano lì, naturali e inevitabili, e messe a tacere solo in nome della causa comune.

Si può solo osservare che vent'anni di unanimità di facciata hanno fatto perdere ai magistrati l'abitudine al confronto civile, e che lo spettacolo di questi giorni non può rallegrare nessuno.

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