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Famiglia sterminata in casa Vendetta a colpi di spranga

Famiglia sterminata in casa Vendetta a colpi di spranga

Una mattanza che sa di vendetta: marito, moglie e figlioletto massacrati a sprangate e strozzati con un filo elettrico nella loro abitazione. Nel silenzio, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Fino a quando una parente preoccupata perché ai telefoni nessuno rispondeva e il negozio di famiglia era rimasto chiuso, ha deciso di controllare di persona.
Succede in Sardegna, teatro dell'orrore un appartamento di via Villa Marina a Tempio Pausania. Il triplice delitto risalirebbe al pomeriggio di sabato ma è stato scoperto solo poco prima della mezzanotte. Vittime Giovanni Maria Azzena, 50 anni, la moglie Giulia Zanzani, 48 anni, e il figlio Pietro di 12 anni, lui probabilmente eliminato solo perché non potesse trasformarsi in un «pericoloso» testimone. Aveva già preparato il borsone per uscire e andare a giocare a calcio. Una famiglia sterminata di certo non da una banda di rapinatori o da un qualche folle maniaco ma da qualcuno che probabilmente covava tanta rabbia e soprattutto una voglia spietata di vendetta. Lo fa pensare la storia delle vittime, soprattutto quella dell'uomo. Giovanni Maria Azzena, per la giustizia, non era un nome sconosciuto. Tutt'altro: nel 2008 era stato arrestato in una operazione della Guardia di finanza, denominata «Lotta allo strozzino», legata all'usura e alle estorsioni. Titolare con la moglie di un negozio di abbigliamento e calzature per bambini, «Azzena Baby Trend», situato al piano terra del palazzo dove abitavano, era stato accusato di usura. Avrebbe insomma prestato denaro a piccoli imprenditori della zona in cambio di assegni postdatati e con tassi variabili tra il 50 e il 200 per cento.
Lo avevano anche intercettato quando minacciava le sue vittime, senza troppe perifrasi: «Io sono buono ma divento molto cattivo, molto cattivo. Hai capito? Sei venuto a domandarmi i soldi piangendo e te li ho dati…». E da un passato nemmeno troppo lontano, e forse nemmeno mai abbandonato, che i carabinieri stanno partendo per scovare movente ed assassini. Si perché secondo gli investigatori ad uccidere sarebbero state almeno due persone. Comparse dal nulla e sparite nel nulla. Gli esperti della Scientifica hanno lavorato per ore all'interno e davanti alla casa dell'orrore. Dopo aver passato al setaccio l'appartamento al primo piano in cui viveva la famiglia, sono scesi al pian terreno per effettuare i rilievi all'interno del negozio. Su cosa sia stato repertato per il momento vige il massimo riserbo. A scoprire i cadaveri alle 23.00 di sabato è stata la Antonella Zanzani, la sorella di Giulia. Dal primo pomeriggio era già in ambasce, ma solo terminato il turno di lavoro ha potuto raggiungere l'abitazione di Giovanni e Giulia: le avevano detto che il negozio di via Villa Marina era rimasto chiuso e lei inutilmente aveva provato a chiamare la sorella. I cadaveri di marito, moglie e figlio erano in soggiorno, adagiati uno sull'altro. Non c'era molto sangue, uno scenario definito dagli stessi investigatori «posticcio», segno che gli assassini hanno alterato la scena del crimine. Con buona probabilità le vittime sono state uccise, nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio, nelle loro stanze e solo alla fine i corpi spostati in sala. Non senza che i killer ripulissero in qualche modo la scena del crimine. Sulla porta di casa in via Villa Bruna - il negozio dà invece su via Villa Marina - non sono stati riscontrati segni di scasso.
Forse la famiglia Azzena ha aperto la porta a chi poi li ha uccisi, forse li conoscevano, diversamente il commando poteva trovarsi già all'interno dell'appartamento. In casa non sono stati trovati segni di lotta, le stanze erano apparentemente in ordine. È possibile che gli autori del triplice delitto abbiano tenuto in ostaggio la famiglia per qualche ora, forse per chiedere denaro, forse per chiarire una vicenda in sospeso magari legata ai precedenti per usura del padre, poi qualcosa è andato storto. Padre e madre sarebbero stati uccisi con colpi alla testa inferti con un oggetto contundente - forse una spranga - e strangolati con fili elettrici che avevano ancora stretti al collo quando i carabinieri sono entrati in casa. Il bambino, invece, sarebbe stato strangolato: su di lui non è stata riscontrata alcuna ferita.
Il processo a carico del padre Giovanni Maria era tutt'ora in corso.

Ma vien sa pensare che qualcuno abbia voluto scrivere col sangue la sentenza.

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