Politica

A Fiorito fondi per un milione

La posizione di Batman si aggrava ma lui fa l’arrogante: "Mi ricandido"

Roma Spese pazze e fondi pubblici sfruttati a mo' di bancomat nell'inchiesta romana, fatture false utilizzate come arma di ricatto contro gli avversari politici in quella della Procura di Viterbo. Da una faida interna al Pdl al maxi scandalo dei soldi del partito che vede indagato l'ex capogruppo Franco Fiorito il passo è stato breve. Un Fiorito che la Procura di Roma, ora, paragona a Luigi Luisi, pur essendo diverse le contestazioni: peculato per Fiorito, in quanto come capogruppo ha un ruolo di pubblico ufficiale, appropriazione indebita per l'ex tesoriere della Margherita che non rivestiva la funzione di pubblico ufficiale perché i partiti politici sono considerati associazioni. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire il percorso di circa un milione di euro che dalle casse del Pdl regionale è finito nei conti correnti di Fiorito.

Ieri, intanto, il Batman di Anagni è stato interrogato a Viterbo come persona informata sui fatti nell'ambito di un'inchiesta parallela. «Indaghiamo su tossine velenose, ovvero dieci fatture falsificate, inoculate in un dossier di documenti contabili veri, per creare discredito», spiega il pm Massimiliano Siddi. Nel mirino ci sono almeno sei fatture completamente false e mai pagate dal gruppo regionale del Pdl e tante altre con importi gonfiati ma liquidate per la somma originale. Alcune di queste sono finite sul sito web Etruria News, diretto da Paolo Gianlorenzo. A far scattare la denuncia sono stati il consigliere regionale Francesco Battistoni e due società viterbesi. L'esposto è confluito poi nel fascicolo dell'inchiesta per tentata estorsione in cui Gianlorenzo è indagato assieme all'assessore regionale all'Agricoltura Angela Birindelli. Di faida interna al Pdl locale parla il procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti, che ora vuole accertare se le fatture siano state falsificate dalle stesse persone che hanno diffuso il dossier finito on line. Fiorito si chiama fuori da questa vicenda («Non ho idea di chi possa aver gonfiato o alterato le fatture, dal gruppo Pdl sono uscite con gli importi reali») e sostiene di non essere responsabile di ciò che rendicontano i colleghi: «Se ci sono stati abusi o qualcuno ha fatturato ciò che non andava fatturato ne risponderà personalmente». L'avvocato Carlo Taormina è soddisfatto: «Abbiamo escluso il coinvolgimento di Fiorito». Ma ora anche la Procura di Roma, che indaga sui soldi usciti dalle casse del Pdl, vuole lavorare sulle fatture per accertare se siano state modificate o emesse per operazioni inesistenti.

L'ex sindaco di Anagni continua a difendersi attaccando. Anzi gioca al rialzo. È lui, dice, la vittima della macchina del fango: «Se sciolgono il consiglio mi ricandido. Non vedo perché non dovrei. In questi giorni ho letto certe cose che non stavano né in cielo né in terra e di cui abbiamo già dimostrato la falsità. Abbiamo portato ai magistrati le fatture originali del bilancio del partito: alcune operazioni non corrispondono e i pm volevano sapere da me quale strada hanno seguito queste carte». Davanti agli inquirenti romani Fiorito aveva tirato in ballo gli altri consiglieri, sostenendo che erano in molti ad attingere con pochi scrupoli dai fondi del Consiglio regionale. Schizzi di fango per tutti, soprattutto per il suo nemico numero uno, Francesco Battistoni, suo successore alla guida del gruppo Pdl poi costretto alle dimissioni. Ora Battistoni ha deciso di passare al contrattacco e di denunciarlo per diffamazione. «Abbiamo già ampio materiale per la querela», spiega il suo legale, Enrico Valentini. L'avvocato ha depositato ieri in Procura la seconda parte di una relazione sul conto del Pdl in Regione dalla quale emergerebbe che la cifra complessiva dei bonifici a se stesso effettuati da Fiorito toccherebbe il milione di euro. Spunta, intanto, una lettera del 18 luglio in cui i consiglieri chiedono a Fiorito un incontro urgente per «stabilire la linea politica».

Poche ore dopo lo stesso ex capo gruppo pensa bene di prendere carta e penna per annunciare ai consiglieri e alla Polverini controlli sulle spese sostenute dal gruppo.

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