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La firma dei poteri forti dietro il finto scoop sul Colle

I governi non hanno quasi più poteri, i parlamenti non riescono a legiferare, Banca mondiale, Fondo monetario e Unione europea hanno poteri soverchianti. La sensazione è che la vicenda di Napolitano sia "cosa loro"

La firma dei poteri forti dietro il finto scoop sul Colle

Certi scoop si pesano. Dipende chi li fa e quando escono. Napolitano in queste ore mi ricorda Di Pietro. Ricordate? Il leader Idv ha perso improvvisamente ogni credibilità quando Report andò frugare tra le casse e gli statuti del partito. Cosa scopri? Nulla che non fosse già noto. Ma detto da Milena Gabanelli, la più famosa e temuta giornalista d'inchiesta, aveva un altro peso. Era la conclamazione mediatica di una situazione indifendibile. E anche i giornalisti simpatizzanti come Santoro lo mollarono.
Ora tocca a Napolitano. Le accuse emerse nelle ultime ore sono nuove? Niente affatto. Il Giornale le denunciò in tempo reale, La Stampa ne parlò in un prudente ma preciso retroscena. Chi parla di «non scoop» tecnicamente ha ragione ma in realtà ha torto; perché se lo scrive Alan Friedman, giornalista britannico tutt'altro che ostile all'establishment, con interviste a Mario Monti, Carlo De Benedetti, Romando Prodi - e la vetrina simultanea di Corriere della Sera e Financial Times, la notizia prende un altro peso; non più sospetto, ma fatti mediaticamente incontestabili. Chi relativizza o ridicolizza lo scoop sbaglia. Lo scandalo è colossale, sa di licenziamento. Dal Parlamento o del popolo italiano? Macché, la democrazia, si sa, non è più di moda. Il vero potere risiede nell'establishment europeista, transnazionale e finanziario e si esercita in maniere meno desuete eppure molto efficaci: moneta, debito pubblico, leggi imposte ai Parlamenti da organismi sovranazionali privi di sovranità popolare. I governi non hanno quasi più poteri, i parlamenti non riescono a legiferare, Banca mondiale, Fondo monetario e Unione europea hanno poteri soverchianti.
La sensazione è che la vicenda di Napolitano sia «cosa loro», ovvero che risponda a logiche e modalità che finiscono per ingannare anche quei politici capiscono dove risiede il vero potere e lo corteggiano per essere cooptati. E alcuni ci riescono. Napolitano, naturalmente. Ma anche Gianfranco Fini, la cui svolta antiberlusconiana si manifestò dopo la sua partecipazione alla Convenzione europea, il consesso che nella prima metà degli anni Duemila elaborò la Costituzione Ue. Lì l'allievo prediletto di Almirante capì dove stava il vero potere. E svoltò rinnegando se stesso e diventando strumento nella lotta contro Berlusconi, uno che l'élite non ha mai sopportato.
Napolitano ha seguito lo stesso percorso. Leggendo Il tramonto dell'euro di Alberto Bagnai troverete riportato un bellissimo discorso in Parlamento in cui Napolitano prevedeva, con straordinaria lungimiranza, le devastazioni che avrebbe provocato la moneta unica. Poi divenne europarlamentare. E la sua visione cambiò drasticamente. Di quell'uomo oggi non c'è più traccia.
Gianfranco e Giorgio non capivano però che non tutti i membri quell'establishment sono uguali. C'è chi conta di più (come Mario Draghi) e chi di meno; chi sa e chi non sa; chi viene cooptato nel girone divino e chi, pur partecipando, resta ai margini. Napolitano apparteneva alla seconda categoria. E ora che non serve più o forse semplicemente perché ha deluso, viene abbandonato.

Con modalità proprie di quegli ambienti, usando come sicario un giornalista americano, che di nome fa Alan e di cognome Friedman.

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