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Il folle risarcimento che vale due volte l'intera Mondadori

Il valore in Borsa degli asset è di 220 milioni mentre l'indennizzo stimato dalla Cassazione supera i 470 milioni. Tutto si basa su probabilità e possibilità

L'ingegnere Carlo De Benedetti alla sede della Cir a Milano
L'ingegnere Carlo De Benedetti alla sede della Cir a Milano

Riscrivere la storia con le sentenze è già impresa ardua nel penale, nel diritto civile dovrebbe essere impossibile. Il caso del risarcimento per il lodo Mondadori tuttavia sembra fatto su misura per racchiudere in sé tutti gli stessi elementi di casualità giudiziaria che costituiscono uno dei più grandi freni all'imprenditoria e all'investimento in Italia.
Il procuratore della Corte di cassazione ha chiesto l'altro ieri la conferma del risarcimento record che Fininvest dovrebbe pagare a De Benedetti per la vicenda del Lodo Mondadori domandando un «piccolo ricalcolo» che lo diminuirebbe di circa il 15% portandolo a circa 470 milioni di euro rispetto ai 560 previsti dalla sentenza di appello. Il tutto partendo dalla sentenza di primo grado dove il giudice, senza nemmeno domandare una perizia, stabilì il risarcimento addirittura in 750 milioni. Ma come saltano fuori queste cifre? Come vengono determinati questi «sconti» dove giocano cifre iperboliche come dimostra la differenza di 280 milioni fra la prima richiesta e l'ultima? Il valore di borsa dell'intera Mondadori è pari a 220 milioni e il valore della quota di proprietà Fininvest è di soli 115 milioni. In pratica solo i ricalcoli dei diversi tribunali «valgono» quasi tre volte l'intero oggetto del contendere e la prima condanna di risarcimento era pari a sette volte tanto. Tutto questo senza contare che se le cose fossero andate diversamente la Mondadori avrebbe dovuto essere pagata, non stiamo parlando di un regalo. L'economia ha bisogno di certezze e in questa vicenda di certezze ce ne sono davvero poche.
A monte di tutto va ricordato che l'origine della richiesta di risarcimento sta nella condanna definitiva di Cesare Previti per corruzione di uno dei tre giudici che stabilirono i criteri di spartizione del gruppo editoriale Mondadori. Già qui sorgono le prime questioni impossibili da spiegare ad un investitore estero che voglia capire che rischi si corrono in Italia: se il colpevole è Previti perché il risarcimento non spetta a lui dato che Berlusconi fu prosciolto per quella stessa vicenda in sede di udienza preliminare e quindi prima ancora dell'inizio del processo? Poi: come è possibile essere così certi di un fatto dopo che lo stesso Previti per quella stessa vicenda era stato assolto in appello? Negli Stati Uniti dove le assoluzioni sono inappellabili la condanna sarebbe stata impossibile. Qui invece una vicenda diventa bianca o nera a seconda del passare del tempo e delle diverse corti e il tempo che passa è tantissimo: la vicenda Mondadori risale a 25 anni fa. Un altro mondo.
Partendo da quello che sarebbe potuto accadere in quell'epoca remota l'albero delle ipotesi diventa vertiginoso. Tutto parte dal concetto di «perdita di chance», vale a dire che persino il giudice di primo grado scrisse che «è impossibile sapere cosa avrebbe deciso un collegio incorrotto» e quindi la sentenza si basa su probabilità e possibilità, pure ipotesi che vennero quantificate in una somma poi ridotta all'80% proprio per la chance di cui sopra. Ma anche riscrivendo la storia con i se è possibile ignorare come questa storia sia andata realmente a finire? L'altra metà della «mela» oggetto del lodo, quella assegnata a De Benedetti, ovvero il Gruppo Editoriale l'Espresso, vale oggi per la sua quota di pertinenza circa 170 milioni. È mai possibile che una supposta differenza iniziale di due valutazioni, in pratica un semplice conguaglio, oggi venga quantificato come danno per una cifra quasi doppia al valore totale dei due asset spartiti? È possibile compiere un'iperbolica rivalutazione per interessi composti di venticinque anni senza considerare i rovesci che invece hanno visto come protagonista il settore dell'editoria azzerandone i valori? In pratica si pensa di assegnare un danno, rivalutato dagli interessi, da riconoscersi a uno per essere riuscito ad acquistare solo una casa invece di due, che poi però sarebbero state distrutte entrambe dal terremoto. Più che un danno potrebbe essere visto come un colpo di fortuna.
Assurdo? No, normale in un mondo dove la discrezionalità è la regola. Ma allora a che cosa servono tonnellate di leggi?
Twitter: @borghi_claudio

segue a pagina 2

di Claudio Borghi Aquilini

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