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La fronda interna agita il Pd. In dubbio il "sì" alla fiducia

Civati e la minoranza minacciano di non sostenere il nuovo esecutivo guidato dal segretario. Ma poi aggiustano il tiro: "Mai parlato di scissione"

La fronda interna agita il Pd. In dubbio il "sì" alla fiducia

Non ti preoccupare, Matteo. Per dirla meglio: stai tranquillo. Anzi, per dirla tutta: staiserenoMatteo, con tanto di hashtag su Twitter. E qui scattano campanelli d'allarme nonché gesti di sicura presa apotropaica. È l'ultimo grido in fatto di minaccia a un politico; lanciato da Matteo Renzi all'indirizzo di Enrico Letta, ieri è stato brandito da Civati di rimando allo stesso Renzi, per rappresentare l'inquietante grado della temperatura all'interno del Pd.

Civati Pippo, ovvero l'ultimo dei mohicani a esprimere un mugugno che in tanti preferiscono affidare allo specchio o al telefono amico. Complicato fare del dissenso piddino 2.0 una vera Opa concorrente a quella renziana, considerato che anche i «giovani turchi» sono da tempo ridotti a cucciolotti afghani. «Non c'è e non ci sarà nessuna mozione Civati - dice il leader della ridotta interna - C'è una decina di parlamentari, soprattutto al Senato, che sono in difficoltà. E un articolo della Costituzione che esclude il vincolo di mandato. Renzi non tema, può sbagliare da solo anche senza i dieci. Non sono decisivi».

A conti fatti, è vero: se tiene la composita pattuglia di sostegno al Letta junior, una decina di dissenzienti dello stesso partito renziano non farebbe la differenza - salvo, magari, consegnare un ruolo ancora più decisivo ad Alfano. Però la «questione è politica», avverte Civati (il cui voto, tra l'altro, è tra quelli ininfluenti della Camera). E sarà ai margini del Pd terremotato da Renzi che si stanno già muovendo forze concorrenti al Pd, dai socialisti di sinistra alla lista Tsipras, dagli ex Cinque stelle ai dissidenti di Sel: gruppi eterogenei la cui consistenza non sarà subito visibile, ma che in futuro potrebbero rappresentare l'alternativa anche per i dissenzienti piddini. Non avendo né Cuperlo né FassinaChi numeri, credibilità o seguito sufficiente per costruire una nuova opzione di sinistra. Persino Civati smentisce di aver «mai parlato di scissione», limitandosi a ventilare il disagio che serpeggerebbe tra i senatori. Ma Casson giudica «prematura» qualsiasi decisione e anche gli altri - Corradino Mineo, Sergio Del Giudice, Donatella Albano, Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci - evitano di esporsi. Così Civati riduce il tiro: «Dico solo che se Renzi prenderà decisioni che ci portano fuori dal centrosinistra, un accordo di legislatura con Alfano, si è a un cambio della storia del Pd».

L'ennesimo «vorrei ma non posso» del deputato brianzolo, dunque, che ieri ha continuato a lanciare frecciatine verso l'ex suo sodale della prima Leopolda del 2010. Che ci sia in ballo una questione di visibilità, con risvolti anche personali, non sfugge a Laura Puppato, per molti mesi inseparabile compagna di Civati nel presidio dell'ala di sinistra del partito. «Certo, forse c'è un vissuto che li mette in concorrenza... - ammette al Giornale la Puppato - Al di là di qualche questione di metodo, io credo invece che lo strappo di Renzi sia positivo. Dopo anni di eleganza formale che nascondeva trappole, trucchetti e nefandezze, Renzi prende il toro per le corna. Basta navigare; questa è una scommessa nella quale per la prima volta qualcuno mette in gioco se stesso e il proprio partito: o viviamo e vinciamo, o perdiamo e moriamo. Così viene percepita dalla gente, e per questo dobbiamo impegnarci tutti per riuscire».

Come si vede, «i problemi politici grandi come una casa» denunciati da Civati restano tutti ma non intaccano le scelte della Puppato né di Cuperlo. Il quale ha sentito più volte Renzi in queste ore solo per cercare di scongiurare soluzioni ministeriali poco gradite, quali un «liberista all'Economia». Finché il governo Renzi non molla gli ormeggi, si resta aggrappati alla greppia. Per scendere, necessita scialuppa.

Non priva di qualche dignitoso comfort.

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