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Il golpe mancato dei democratici: regalare ancora più soldi ai partiti

Il golpe mancato dei democratici: regalare ancora più soldi ai partiti

RomaNel lascia o raddoppia della politica oggi, dopo i casi Margherita e Lega, i partiti da un lato fingono di voler lasciare i nostri soldi e dall’altro puntano addirittura a raddoppiare il finanziamento pubblico. Grazie a un escamotage: denari a pioggia non solo ai partiti veri e propri, ma anche alle fondazioni a essi collegate.
Alla Camera dei deputati è tuttora in corso di esame in commissione un disegno di legge (il numero 3809) che delega il governo all’emanazione di un testo unico delle leggi sulla disciplina e sul finanziamento dei partiti politici. La proposta di legge è stata presentata il 25 ottobre 2010 dall’onorevole Ugo Sposetti, già tesoriere dei Ds, e tra i 56 firmatari ci sono 45 esponenti democratici (in rigoroso ordine alfabetico dalla “A” di Albonetti alla “Z” di Zunino), e qualche spruzzata bipartisan grazie a tre onorevoli del gruppo misto, uno ciascuno di Udc, Idv e Responsabili e perfino cinque del Pdl (Marinello, Pagano, Vella, Vignali e Zacchera). Ciliegina sulla torta (da spartire) la presenza in commissione, nella seduta del 12 aprile 2011, dell’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Francesco Belsito. Sì, proprio lui. Il tesoriere della Lega al centro di Carrocciopoli. Quello le cui gesta potrebbero avere affossato per sempre il progetto di legge Sposetti.
Ma che cosa dice questo progetto di legge? Semplice, che i partiti sono un male necessario e che quindi non devono più essere associazioni di fatto come oggi, bensì associazioni riconosciute iscritte in pubblici registri, con statuti ispirati al principio della democrazia interna, primarie obbligatorie per la scelta dei vari candidati e fondazioni politico-culturali collegate ai partiti stessi. Organismi, questi ultimi, che curerebbero attività culturali e di formazione politica per conto dei partiti. «Obiettivo centrale delle fondazioni - spiega Sposetti illustrando il 25 ottobre 2010 il progetto di legge - dovrà essere quello di promuovere la partecipazione alla vita civile e politica». Motivazioni nobili ma non gratuite. Alle fondazioni il progetto di legge assegna infatti un finanziamento pubblico annuo fino a un massimo di 185 milioni di euro. Una cifra spaventosa, che sommata ai rimborsi spese elettorali che da anni hanno di fatto sostituito il finanziamento diretto porterebbe a 345 milioni di euro l’anno il foraggiamento pubblico ai partiti. Come arriva Sposetti a questa cifra? Semplice, prendendo a esempio il modello tedesco, a imitazione del quale è disegnato l’intero progetto di legge, e facendo una proporzione da quarta elementare. In Germania le fondazioni ricevono finanziamenti globali da parte del ministero dell’Interno e finanziamenti a progetto erogati per la maggior parte dal ministero per lo Sviluppo e la cooperazione economica e, in misura minore, dal ministero per gli Affari esteri, per un totale di 467 milioni di euro. A questo punto Sposetti prende la calcolatrice e scopre che, facendo il rapporto tra la popolazione tedesca (81,7 milioni) e quella italiana (60,4), il finanziamento dei partiti in Italia «dovrebbe raggiungere la cifra di 345 milioni di euro l’anno». Semplice, no?
Del resto, ne va della democrazia. Sposetti ricama un vero inno alla partitocrazia: «Negare, o fornire in maniera inadeguata, risorse alla politica significa colpire al cuore la democrazia», spiega. Ohibò. E allora: più soldi - molti più soldi - per tutti. L’articolo 7 della legge fissa all’1 per cento la «soglia di risultato» per avere diritto ai nostri soldi e vieta a scanso di equivoci, i finanziamenti privati (le cosiddette «erogazioni liberali»), che invece sono alla base del sistema partitico statunitense, se non «nei 120 giorni che precedono il giorno delle elezioni». L’articolo 8 disciplina invece il finanziamento pubblico delle fondazioni «politico-culturali» dei partiti, stabilendo che esso spetti alle fondazioni dei partiti che negli ultimi cinque anni abbiano partecipato a una campagna elettorale e abbiano eletto anche solo un rappresentante al Parlamento o all’Europarlamento o alle assemblee elettive delle regioni e delle province autonome. Insomma, todos caballeros. E todos con dineros.

Il contributo alle fondazioni sarebbe diviso in due parti: una fissa per le spese di organizzazione; e una variabile per le spese di attività, calcolata in proporzione ai voti validi nelle ultime tornate elettorali.

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