Economia

Il governo litiga sui contanti: Fassina boccia Saccomanni

Il ministro sconfessato dal suo vice, che dà ragione al Pdl sui danni che farebbe un nuovo tetto ai pagamenti cash. E i commercianti: una mazzata ai consumi

Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni col viceministro Stefano Fassina
Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni col viceministro Stefano Fassina

Milano - La rivolta del contante spacca il governo e mette Fabrizio Saccomanni all'angolo: persino il suo viceministro sconfessa apertamente il titolare dell'Economia. «Sono parole di buonsenso», replica infatti Stefano Fassina a chi gli chiede di commentare l'auspicio del Pdl di non introdurre misure sul contante nella legge di Stabilità. Si rafforza quindi il fronte dei contrari ad un ulteriore tetto sulla circolazione di banconote, aperto dal vicepremier Angelino Alfano, che invita piuttosto a seguire l'esempio degli Usa: «Aumentare l'uso del contante e contrastare l'evasione, consentendo di scaricare tutte le spese». Non solo: il progetto del ministro Saccomanni- sostenuto dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini - di ridurre l'uso del contante «in nome della tracciabilità» rischia di trasformarsi in un boomerang che stroncherebbe i consumi. L'allarme arriva da Confesercenti, che ricorda «quali conseguenze negative si abbatterebbero su importanti settori come il turismo italiano, dato che in altri Paesi direttamente concorrenziali con il nostro i limiti che regolano il contante sono ben superiori». Federpreziosi, contraria al progetto fin dall'inizio, fa anche qualche esempio: «Belgio 15.000 euro, Danimarca 13.400 euro, Francia 3.000 euro, Romania 2.300 euro, Slovenia 15.000 euro, Spagna 2.500 euro, mentre negli altri Paesi non vi è alcun limite». E Federalberghi rilancia: «Per stare al passo con gli altri Paesi europei e tenere testa alla sfida che lo scenario internazionale ci impone, bisognerebbe piuttosto alzare il tetto dei contanti a 3.000 euro» come i nostri vicini europei. Senza contare che «l'ipotesi di tornare a ridurre l'uso del contante - ribadisce Confesercenti - ancora una volta fa colpevolmente dimenticare la vera priorità che è quella di tagliare drasticamente i costi della moneta elettronica per imprese e cittadini». Cioè uno dei principali freni alla diffusione delle carte di credito, una tipologia di pagamento ancora minoritaria nel nostro Paese: la media annua delle operazioni effettuate con la card è di 24,5 per un utente italiano, contro le 57 transazioni elettroniche di un cittadino dell'Eurozona e le 191,1 dell'americano medio. Le cose stanno un po' cambiando, secondo i dati dell'Osservatorio carte di credito, grazie alla sempre maggiore diffusione dello shopping in Rete, che obbliga a utilizzare la moneta di plastica: in questo caso, la preferenza degli italiani va soprattutto alle carte prepagate, ritenute più sicure. Ma resta il fatto che sono quasi 15 milioni - il 29% di quelli sopra i 15 anni di età - gli italiani che non solo non hanno la carta di credito, ma neanche un conto corrente. Un record europeo, fa notare la Cgia di Mestre, autrice dello studio: in Francia e nel Regno Unito i cosiddetti «unbanked» sono poco più di un milione e mezzo (pari al 3% della popolazione con più di 15 anni). In Germania, invece, la soglia di coloro che non hanno un conto in banca si abbassa a poco più di un milione e quattrocentomila persone (pari al 2% del totale degli over 15 tedeschi). «Allergici» alla banca sono soprattutto gli anziani: «Non dobbiamo dimenticare- sottolinea Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - che moltissimi pensionati nel nostro Paese tengono i propri soldi nei libretti di risparmio postale o, come risulta da una recente indagine condotta dalla Commissione europea, utilizzano il conto corrente di un familiare».

Quindi «per molte fasce sociali l'eventuale introduzione dell'obbligo dei pagamenti solo con carte di credito darebbe luogo a problemi non trascurabili».

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