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La grande coalizione spiazza Casini: "Fantascienza"

Agitazione fra i centristi: contatti Monti-sinistra e campagna anti nepotismo del Prof, l'Udc trema

Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini
Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini

Roma - Gli ultimi sondaggi sono impietosi. Cala il consenso verso il polo dei montiani mentre cresce l'agitazione in casa Udc. L'unica arma a disposizione di Casini è rappresentata da un largo successo elettorale. Solo diventando ago della bilancia al Senato, l'alleanza centrista potrebbe consentire ai vecchi professionisti della politica di via due Macelli di continuare a svolgere la «rodata» professione. A questo punto, però, stiamo parlando del periodo ipotetico dell'irrealtà.
Ma non è soltanto il calo del consenso a preoccupare Casini e Cesa. I due sono a dir poco innervositi dalle ultime uscite pubbliche del capo del governo che è tornato su un suo vecchio cavallo di battaglia: guerra al nepotismo. Vallo a dire proprio a Casini! Che, dietro lo slogan (da prendere alla lettera) «Noi difendiamo la famiglia», ha fatto un restyling alla sua lista candidando parenti e affini in maniera inversamente proporzionale al peso del partito negli ultimi sondaggi. Il mugugno poi diventa urlo se gli parlano dell'accordo sotto banco che Monti avrebbe stretto con Bersani per un'alleanza post-elettorale. Intervistato da Italia 7, Casini ha detto chiaro e tondo che non esiste un patto Monti-Bersani. Tutto l'opposto di quanto affermato ieri dal suo ex compagno di strada Francesco Rutelli al Corriere della Sera. L'ex sindaco di Roma (che si è preso un anno sabbatico dalla politica) giudica possibile, se non probabile, l'alleanza tra Monti e il Pd. «Sarebbe meglio - osserva - dirlo prima e chiaramente agli elettori. Se non ci fosse una maggioranza in Parlamento, come potrebbero accordarsi dopo essersi combattuti?».
E allora a Casini non resta che battere sugli stessi tasti. Il primo è ormai un refrain stanco: Berlusconi e Bersani pari sono. Noi siamo alternativi a entrambi. Il secondo è Vendola, che rappresenta in questo momento il nemico più odioso. «Ieri Bertinotti, oggi Vendola, la Fiom e parte estrema della Cgil - scrive su Twitter Casini - bloccheranno un tentativo serio di fare riforme». D'altronde, ricorda ancora il leader dell'Udc, Vendola vuole rivedere l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ed è contrario alle liberalizzazioni.
Bersani allora si trasforma in una sorta di portavoce di Vendola e ribatte per le rime a Casini sfruttando la ribalta di Twitter con una lezioncina. In buona sostanza Vendola e Bersani sono d'accordo: contro il liberismo e non le liberalizzazioni. «Il liberismo - cinguetta il segretario del Pd - è mercato che detta regole alla democrazia. Le liberalizzazioni democrazia che detta regole al mercato».
Quasi piccato dal muro che gli hanno costruito intorno (sia «amici» che nemici), Casini lancia messaggi poco rassicuranti per la stabilità politica prossima futura. «Ognuno può dire quello che vuole, ma la Costituzione è questa: c'è un bicameralismo perfetto e bisogna prendere la maggioranza a Camera e Senato, altrimenti non si vince». E aggiunge: un governo dove siedo accanto a Vendola? «Pura fantascienza». Il vero nodo della questione resta però il fatto che l'accordo Monti-Bersani mirerebbe proprio a escludere dalla partita Casini. Dal di fuori di questa querelle se la ride Maurizio Gasparri. «A Bersani - spiega - serve una stampella che Monti gli può dare. Ma di Casini e di qualche altro profugo può fare a meno».

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