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Il grande imbroglio sul fumo artificiale

Altro che tassa per scoraggiare un vizio che potrebbe essere dannoso per la salute: l'esecutivo vuole solo fare cassa

Il grande imbroglio sul fumo artificiale

Signore e signori, va in scena il Grande Imbroglio. Per la regia e con la sceneggiatura, ancora una volta, dello Stato. Il tempo che una sigaretta si consumi (questo, intendiamoci, non è un invito a fumare) e ve ne renderete conto. Dunque, come si sa, sopra la testa dei venditori di fumo (elettronico) sta svolazzando l'ennesima tassa pensata con arguzia dal governo Letta per fare cassa.

L'alibi per introdurre questo balzello sarebbe quello di scoraggiare definitivamente i fumatori a fumare anche ciò che non è propriamente una sigaretta ma le assomiglia e, quindi, potrebbe essere ugualmente dannosa. Peccato che questa giustificazione sia stata ampiamente smentita non solo dagli oncologi più autorevoli, uno per tutti, il professor Umberto Tirelli, da uno studio di settore condotto dall'Istituto Bruno Leoni e, anche se di parte, dagli stessi produttori di sigarette elettroniche. Forse è il caso di ricordare che questo Stato moralista e salutista che vorrebbe farci credere che ricorre da sempre alla più spietata tassazione per reprimere i nostri vizi, in realtà ogni anno dal settore del tabacco ricava circa 13,7 miliardi di euro, pari al 7,2% del gettito da imposte indirette (peraltro in questi dieci 10 anni le entrate sono aumentate del 113%). In buona sostanza le sigarette convengono eccome all'erario perché l'imposizione sulle sigarette è mediamente pari al 75 per cento del prezzo finale di vendita. In totale gli introiti del settore tabacchi si aggirano intorno al 3 per cento delle entrate fiscali complessive e il 3 per cento delle entrate complessive di un Paese non è poco. Per le sole accise la quota che i tabacchi pagano allo Stato sale al 26 per cento. Quindi per un prezzo ipotetico pari a 100, avremo così che: 58,5 viene versato nelle casse dell'erario a titolo di accisa, il 17 sempre allo Stato per l'Iva, 10 è il guadagno del rivenditore, il 14,5 saranno l'incasso per il produttore. Come si fa a rinunciare ad una tassa così in nome del presunto ipocrita salutismo? In compenso, ci conferma uno studio dell'Istituto Bruno Leoni, il fumo elettronico può costare fino ad un terzo del fumo convenzionale, soprattutto per la mancanza di accise. I 350 milioni di fatturato del fumo elettronico spiazzano quindi fino a un miliardo di euro di fumo convenzionale, con effetti sulle accise di circa 500 milioni. La riduzione complessiva delle entrate da accise è stimata attorno agli 800-1000 milioni a seconda della fonte, e quindi verosimilmente il fumo elettronico contribuisce tra il 30 e il 50 per cento a questa diminuzione. Ecco perché diventa appetibile questo mancato introito per lo Stato.

Ma le conclusioni cui giunge lo studio dell'Istituto Bruno Leoni sono le seguenti: «Non c'è motivo per cui le sigarette elettroniche debbano essere monopolio delle tabaccherie o a maggior ragione delle farmacie, come non c'è motivo per cui debbano esserci divieti sulla vendita di questi prodotti da parte di questi esercizi commerciali. Potrebbe in futuro essere scoperto che alcuni additivi fanno male, e quindi andrebbero ridotti o vietati, e che rischi residui per la salute potrebbero giustificare un livello (verosimilmente molto basso) di accise. Eppure ciò è rischioso, perché è già evidente che allo Stato non interessa la salute dei cittadini, quanto piuttosto le entrate fiscali».

«Voler tassare le sigarette elettroniche e fare così in modo che meno persone le utilizzino è completamente sbagliato, in quanto con esse si diminuisce l'introduzione delle sostanze cancerogene dovute alla combustione delle sigarette tradizionali e che sono alla base delle malattie ben note - dichiara il professor Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'Istituto tumori di Aviano - coloro che sono forti fumatori e fumano per esempio 30 sigarette al giorno se ne fumano 5 al giorno perché utilizzano la sigaretta elettronica hanno un grande vantaggio per la loro salute».

Quanto ai produttori: secondo uno studio utilizzando la e-cig più potente e abbinandola al liquido con maggior concentrazione di nicotina (16 mg per ml) si è rilevato che per 10 per dieci aspirazioni, il contenuto complessivo di nicotina aspirato è di 0,3 mg per ml, un terzo rispetto alla sigaretta tradizionale che mediamente rilascia 0,9 mg per ml per 10 aspirazioni.

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