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Guerra a sinistra per far cadere Letta

Partito Democratico nel caos. Renzi scalpita e va all'attacco: "L'accordo col Pdl non durerà". E il quotidiano di Scalfari usa il caso Alfano per far saltare il premier

Guerra a sinistra per far cadere Letta

Meno male che c'è il linguacciuto Calderoli, con i suoi insulti zoofili. Non ci voleva molto, ieri, a capire che il Pd si è buttato a pesce sul caso Kyenge, presentando mozioni che chiedono le dimissioni del vicepresidente leghista del Senato; lanciando ultimatum di Letta a Maroni; intasando le agenzie con tonnellate di dichiarazioni di sacrosanto sdegno antirazzista e improvvisando anche un sit-in a piazza del Pantheon, per distrarre l'attenzione da una vicenda che può avere ripercussioni ben più pericolose per il governo.

La storia del pasticciaccio kazako sembra sfuggire di mano e nessuno ieri, a Palazzo Chigi come al Nazareno o in Parlamento, era in grado di prevederne l'esito. Tutti però ammettono che stavolta il governo Letta balla sul serio. E faceva un certo effetto il doppio film di ieri pomeriggio: da un lato Enrico Letta, che a Roma si muove coi piedi di piombo alle prese con la potenziale crisi sul caso Alfano. Dall'altra Matteo Renzi, accolto come una superstar alla festa Pd di Carpi al grido di «mandiamo a casa Berlusconi!». Cioè il principale alleato sui cui voti si regge l'esecutivo. E le parole del sindaco di Firenze sono subito suonate a Roma come un presagio di sventura per la maggioranza: «Se Letta fa bene, sono l'uomo più felice del mondo. Ma non credo che questa esperienza di governo di larghe intese possa andare avanti molto».

Nella crisi kazaka, Renzi gioca il ruolo del convitato di pietra: «Tra un po' quelli del Pdl mi accuseranno di averla rapita io, la signora Shalabayeva», ironizza. Ma quello che gli esponenti del Pdl dicono a voce alta, nel Pd sono in molti a sussurrarlo. Soprattutto dopo che ieri mattina è arrivato il colpo di bazooka da Largo Fochetti, con la perentoria richiesta di dimissioni di Alfano firmata da Ezio Mauro. Dimissioni alle quali, e a Repubblica lo sanno bene, il governo non potrebbe mai sopravvivere. «Quello tra Renzi e Repubblica è un combinato disposto che rischia di rendere ingestibile la situazione di questo governo - confida un ministro del Pd - e d'altra parte Carlo De Benedetti su Matteo è scatenato, lo dice a tutti che è l'unica speranza rimasta al centrosinistra».

Di certo, se alle mozioni di sfiducia contro Alfano già presentate da M5S e Sel (che chiederà il voto segreto, annuncia il capogruppo Migliore) si salda una campagna di Repubblica, il Pd non è in grado di reggere: «In troppi dei nostri saranno tentati di dire basta al governissimo», spiegano a Montecitorio. A palazzo Chigi si annunciano «tempi rapidi» sul caso kazako: «Riferiremo in Parlamento appena in possesso dell'indagine interna», promette il ministro Franceschini. Epifani già ieri ha dovuto prendere una posizione dura (concordata con Letta): «Chi ha sbagliato dovrà assumersi le responsabilità dell'errore». Ma dietro le quinte è in corso un lavorio diplomatico per capire se il giornale-partito ha davvero deciso di spingere il Pd alla rottura con il Pdl, e se continuerà ad alimentare lo scontro tra Renzi e Letta, descritto ieri come sorpreso e irritato dalla visita del sindaco alla Cancelliera. «Ho avvertito il premier un mese prima che sarei andato dalla Merkel, dire che ci sono andato di nascosto è una barzelletta», assicura invece Renzi.

Pronto a partire per nuovi incontri internazionali, da premier in pectore.

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