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È guerra sulle liste, il Pdl punta al 25%

Il Cav valuta personalmente i candidati. Tre i criteri: presenze in aula, attività in Commissione e rapporto con il territorio

È guerra sulle liste, il Pdl punta al 25%

Roma - Le schermaglie per dare corpo e sostanza alle liste del Pdl sono ormai iniziate. Un lavoro di selezione destinato a svilupparsi in maniera decisiva nei primi dieci giorni di gennaio ma a cui Denis Verdini e Angelino Alfano stanno lavorando da settimane.

Per avere il quadro completo mancano ancora due tasselli fondamentali. Il primo riguarda la mappa delle alleanze. Bisognerà capire se si farà l'accordo con la Lega. Ma anche se si procederà alla creazione di «Orgoglio Sud» - che potrebbe riunire i governatori e dirigenti come Gianfranco Miccichè e Adriana Poli Bortone e potrebbe valere dal 3 al 5% - oppure se si andrà con le singole liste, quindi con la Lista Polverini nel Lazio, la Lista Scopelliti in Calabria, Grande Sud in Sicilia. Una decisione che verrà presa in un vertice romano fissato per il 3 gennaio al quale dovrebbe partecipare anche Raffaele Lombardo, circostanza questa che potrebbe avere implicazioni importanti.

Il secondo aspetto riguarda il potenziale elettorale del Pdl. Silvio Berlusconi non nasconde la sua soddisfazione per i sondaggi. «Siamo già al 22%», assicura. Un dato che probabilmente va letto come somma delle rilevazioni del Pdl e di Fratelli d'Italia. A Palazzo Grazioli però si punta apertamente verso quota 25% per il solo partito di Via dell'Umiltà. Un obiettivo ambizioso che servirà anche per definire tre fasce: quella dei «blindati» ovvero coloro che verranno candidati nell'ambito delle posizioni raggiungibili con un minimo del 15%. Quella dei «quasi sicuri» entro quota 20%. E, infine, gli «incerti» ovvero quelli che verranno eletti soltanto se si raggiungerà quota 25%.

Berlusconi è pronto a spendersi sul territorio e a fare da traino, giocando una campagna elettorale tutta all'attacco. Chi ha avuto occasione di parlargli assicura che non giocherà per partecipare ma punterà alla riconquista di Palazzo Chigi. Ma la qualità delle liste sarà fondamentale. Per questo la selezione dei volti nuovi continua, con una ricerca che si appunta verso imprenditori, società civile, donne e giovani provenienti dagli enti locali. In questo senso la presenza di Roberto Formigoni al vertice di ieri con Roberto Maroni e la sua disponibilità a spendersi per spostare il voto di Comunione e Liberazione verso il Pdl viene vista come un segnale interessante. E il suo «tweet» per Albertini presidente deve probabilmente essere letto come un messaggio in chiave tattica per pungolare il Carroccio.

Procede anche la valutazione degli uscenti. L'ex premier sta visionando personalmente le «schede» che gli sono state preparate sul rendimento dei parlamentari. Tre i criteri: la presenza in aula; l'attività in Commissione; il rapporto con il territorio. A questo va aggiunto un quarto elemento su cui Berlusconi promette di essere inflessibile: quello della «fedeltà in prospettiva». Il presidente del Pdl è rimasto scottato dai cambi di casacca. E teme un tradimento post-voto verso le fila montiane. Per questo al Senato punta a piazzare i suoi fedelissimi (l'ex premier dovrebbe candidarsi come capolista a Palazzo Madama in tutte le regioni). Un altro punto su cui è stato chiaro è che non accetterà «pacchetti» che riflettano correnti o gruppi interni. Un messaggio che è stato trasmesso con chiarezza ai diversi «colonnelli».

E che ha fatto scorrere brividi sulla schiena di molti.

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