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Lo Hobbit e quei film crudeli con gli animali

Il kolossal sotto accusa per la morte di 27 cavalli. La replica: due vittime ma "fuori dal set". Crescono i dubbi sui controlli sul set

Lo Hobbit e quei film crudeli con gli animali

Negli Stati Uniti sta montando in modo ormai eclatante la polemica per i maltrattamenti subiti dagli animali durante le riprese di film che riscuotono grande fama e successo nelle biglietterie di tutto il mondo. La produzione di Lo Hobbit, accusata della morte di ben 27 cavalli ha negato fino a quando ha dovuto ammettere che due cavalli hanno perso la vita «ma fuori dal set» si sono affrettati a giustificarsi.

Quando leggiamo, nei titoli di coda, che nessun animale è stato maltrattato durante le scene, chi ha a cuore il benessere animale si sente rassicurato. Nulla di più falso, sostengono gli attivisti americani che si stanno occupando degli animali e del cinema. Il loro stato di benessere è preso in considerazione solo quando sono sul set. Fuori, nessuno controlla e anche sui controllori delle scene girate, cade il forte sospetto di essere troppo «vicini» all'industria cinematografica. La American human association (Aha), responsabile della sorveglianza sul benessere animale, è accusata dai gruppi animalisti di avere un monitoraggio troppo scarso quando le telecamere girano e inesistente fuori dal set. Le accuse degli attivisti zoofili americani piombano come macigni, proprio alla vigilia della nomination per gli Oscar, su film della portata di Killing Season dove lavorano Robert De Niro e John Travolta oppure The Lone Ranger con Johnny Depp. Pare ci siano stati diverbi tra gli stessi rappresentanti della Aha sul set dei due film. Gli anziani avrebbero tacitato i più giovani che ponevano obiezioni sul trattamento degli animali (alci e cavalli) e rischiavano di provocare una pessima pubblicità. Interrogati dal Times, i portavoce delle case produttrici si sono rifugiati dietro un poco soddisfacente «no comment».

Il caso più clamoroso sembra essere quello di Lo Hobbit dove, nelle scene girate in Nuova Zelanda, sarebbero morti capre, cavalli, pecore e polli in quantità non precisata. La casa produttrice ha ammesso la morte di un cavallo. Il film Luck, realizzato per la televisione con un costo di 180 milioni di dollari e la presenza, come attori di Dustin Hoffman e Nick Nolte, è costato la morte a tre cavalli e, nel marzo scorso, la sua andata in onda è stata cancellata. Wayne Pacelle, capo della Human Society of United States afferma che il monitoraggio sul set è scarso e nessuno si cura di quanto succede, agli animali, fuori dalle luci della ribalta. Nel passato sono innumerevoli gli animali che hanno sofferto maltrattamenti e sono morti, talvolta uccisi deliberatamente per meri scopi di spettacolarità, durante le riprese di film più o meno famosi. A partire dal 1903 quando Topsy, un elefante ingiustamente accusato di essere pericoloso, fu giustiziato con la corrente elettrica e debitamente filmato per il pubblico. L'artefice del progetto era un certo Thomas Edison che aveva qualche «interesse» nel campo dell'elettricità.

Nella scena delle bighe del primo Ben Hur (1925) morirono uno stuntman e 5 cavalli. La morte di un cavallo, caduto da un dirupo in Jesse James, del 1939 con Hanry Fonda e Tyrone Power, segnò l'inizio della sorveglianza sugli animali che lavoravano per il cinema. Questo non impedì a Coppola di filmare la morte cruenta del bisonte, ucciso dal machete, nella sanguinosa scena di Apocalypse Now cui prende parte Marlon Brando. Scena analoga, ma in film di altro spessore, per il recente Baarìa di Tornatore, che si è giustificato dicendo di averla girata in Africa.

Monta la polemica in Usa, mentre si alza il tendone degli Oscar.

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