Politica

I conti di Renzi non tornano Tira già aria di patrimoniale

 Dalla spending review al deficit: le entrate indicate non sono certe. Il premier si affanna a smentire, ma crescono le pressioni per una stangata sui beni mobili e immobili

I conti di Renzi non tornano Tira già aria di patrimoniale

Le polemiche «in - cre - di - bi - li» sulle coperture, diventano di ora in ora più credibili, nonostante le rassicurazioni date anche ieri dal premier Matteo Renzi. Stonatura destinata ad amplificarsi man mano che il governo attraverserà gli ostacoli europei, come l'incontro con il cancelliere Angela Merkel, e quelli italiani, ad esempio la compilazione del Def. Per il momento, il nodo è ben presente agli analisti finanziari, alla Comissione europea e alla politica. Ad esempio a Renato Brunetta che ieri ha sfidato Renzi, proprio su quello che manca alla «cura»: coperture e riforme. Il rischio è che il conto della «televendita», alla fine, sia addebitato agli italiani sotto forma di nuove tasse, compresa quella patrimoniale su beni mobili e immobili che ieri il premier ha «escluso», ma che i partiti della sua maggioranza potrebbero imporgli.
Traballa tutto, a partire dal cardine finanziario di tutta la cura choc, cioè la spending review. Il premier ha messo in conto sette miliardi all'anno. Ma nel piano di Carlo Cottarelli sono cinque su base annua e tre per il 2014, visto che siamo già in marzo. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che sul tema coperture ha preferito non esporsi, aveva accennato all'utilizzo di misure una tantum per coprire la parte che manca nell'anno in corso. Possibile, sempre che l'Europa ce lo permetta. Anche perché a non convincere è tutta la copertura relativa alla spending review. Fa parte di quel tipo di entrate che non è possibile quantificare, un po' come la lotta all'evasione. I miliardi risparmiati nel 2014, possono al massimo essere contabilizzati nell'anno successivo ai tagli.
Stesso tipo di incertezza riguarda i presunti risparmi sulla spesa per gli interessi sul debito pubblico. La previsione del governo di 2,5 miliardi è realistica, ma la cifra non può essere messa a bilancio.
Troppo ottimistica anche la valutazione del governo sull'altro pilastro dell'operazione, cioè gli oltre sei miliardi che Bruxelles ci lascerebbe spendere, concedendoci di raggiungere un deficit al 3% del Pil. Le trappole sono due: la prima è che non è detto che ce lo permettano. Poi, la cifra si basa sulla previsione di crescita del Pil del governo (+1,1%). Se, come probabile, l'economia italiana non metterà il turbo, il margine si restringerà.
Verrebbe da pensare che l'unica copertura certa del piano Renzi sia l'unica tassa dichiarata, cioè l'aumento dell'imposizione sulle rendite finanziarie per compensare il taglio all'Irap - l'odiosa tassa sulle imprese che penalizza chi assume - da 2,6 miliardi. Ma anche in questo caso un eccesso di ottimismo potrebbe portare fuori strada il governo e il Paese. Il gettito di 2,6 miliardi è calcolato a invarianza di gettito, quando è noto che un aumento delle imposte, tanto più un aumento del 30% come quello deciso da Renzi, non può che fare diminuire la base imponibile e quindi le entrate fiscali. Impossibile fare previsioni. Ci sono cascati anche i precedenti due governi, quando si sono trovati a fare i conti con un calo del gettito Iva, proprio quando sono state aumentate le aliquote.
Ma non è tutto. Anche una decisione sacrosanta come la restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione va valutata fino in fondo nei suoi effetti. Quasi tutti i 68 miliardi da restituire dovrebbero essere contabilizzati nel debito pubblico, come ci ha concesso l'Ue. Ma una parte, circa un decimo, finirà nel deficit, con il rischio di neutralizzare l'effetto dell'extra gettito dell'Iva sulle fatture che lo Stato paga.
Ce n'è abbastanza per mettere in conto una nuova manovra, dall'entità incerta. I mille euro all'anno in busta paga, per chi ne guadagna meno di 1.500 al mese, rischiano di finire sul conto degli stessi contribuenti sotto forma di accise e tasse, o di un giro di vite sui ricchi imposto dalla sinistra sotto forma di patrimoniale. Unica alternativa, come ha suggerito ieri Brunetta: riforme serie e radicali.

Solo così Bruxelles ci potrà dare una mano.

Commenti