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I costi raddoppiano, le tasse schizzano alle stelle: ecco il federalismo incompiuto

In 10 anni le spese regionali sono raddoppiate, il fisco è aumentato del 50%. Solo ora le Regioni studiano i tagli: stop ai gruppi non eletti e tetto alle commissioni

Il ministro ai Rapporti col parlamento Piero Giarda ci ha scherzato sopra. Ma, tra un sorriso e l'altro, ha voluto far passare una sacrosanta verità: "È facile e divertente spendere soldi che non si guadagna...". Sul banco degli imputati, dopo gli scandali che hanno coinvolto il Lazio, la Campania e la Sicilia, sono finite le Regioni. Tutte. Nessuna è esclusa. Se, negli ultimi dieci anni, le uscite - costi o sprechi che siano - per gli organi istituzionali sono aumentate del 98%, nello stesso periodo di tempo il fisco regionale ha fatto un balzo in avanti del 50%. Adesso, però, dopo la grande abbuffata e dopo gli scandali che hanno gettato discredito sulla politica, la Conferenza delle Regioni ha messo a punto un provvedimento per tagliare i costi della politica regionale.

Basta dare un'occhiata ai dati pubblicati oggi dal Sole 24Ore per capire che il federalismo incompiuto ha un sovrapprezzo stellare che ogni anno deve essere pagato dai contribuenti: "Doveva razionalizzare la spesa pubblica  e renderla più efficiente perché vicina al cittadino, ma ha finito per far proliferare strutture amministrative, costi e di conseguenza tasse per finanziarli". Il problema è che, più le Regioni ingrossavano e ingrassavano, più lievitavano anche le imposte pagate allo Stato da cittadini e imprese. Altro che decentramento. Il risultato è stato l'esatto opposto: schiacciati in una doppia morsa. Adesso, però, qualcosa sembra muoversi. Il governo Monti ha deciso di dare un segnale chiaro mettendosi a lavorare a un ddl costituzionale per tagliare pesantemente le spese loicali. Anche le Regioni sono al lavoro per rivedere i costi. "Vogliamo arrivare in tempi molto rapidi a una normativa unitaria per le spese di funzionamento dei gruppi politici e dei costi delle nostre amministrazioni", ha spiegato il presidente della Lombardia Roberto Formigoni in chiusura dei lavori in Conferenza delle Regioni per razionalizzare i costi di funzionamento istituzionali. I punti salienti del provvedimento, presentato oggi dal presidente Vasco Errani, sono "la riduzione immediata degli emolumenti di presidenti, assessori e consiglieri; riduzione del numero degli assessori e dei consiglieri; limitazione delle spese dei gruppi consiliari eliminando i benefit e sottoponendoli al controllo della Corte dei Conti; eliminare la possibilità di costituire nuovi gruppi che non siano collegati a liste elette; fissare il numero delle commissioni da un minimo di quattro a un massimo di otto".

Ma quanto ci è costata, fino ad oggi, questa pletora di politici? "Tra 1999 e 2010, mentre il pil in altalena è cresciuto complessivamente del 23% - si legge sul quotidiano diretto Roberto Napoletano - le spese per indennità, gettoni e rimborsi si sono gonfiuate del 98% passando dai 452,6 milioni impegnati all'inizio del periodo agli 896,7 scritti nei bilanci del 2010". Una vera batosta. Anche perché i tagli tanto sbandierati da alcuni presidenti di Regione devono ancora a venire: ci saranno, ma a partire dalla prossima legislatura. Con una piccola eccezione per il Lazio. Alla Pisana si sono, infatti, inventati l'abolizione-estensione: se da una parte venivano cancellati i vitalizi, dall'altra quelli attuali  venivano ampliati anche agli assessori non consiglieri. A fronte di tutti questi sprechi va ad aggiungersi un fisco regionale da record. "Dal 2001 a oggi i tributi propri delle Regioni - si legge ancora sul Sole 24Ore - sono aumentati del 38%, e in riferimento al 2012 si può sistemare un aumento intorno al 50%". Un  esempio su tutti: l'Irpef. L'imposta regionale è, infatti, passata dai 5,8 miliardi di euro del 2008 ai 9,7 incassati nel 2011. Con una beffa: nello stesso periodo di tempo sono aumentate anche le imposte pagate allo Stato. Un balzo in avanti del 31,6%.

Adesso, però, qualcosa si muove.

Se da una parte non si può sperare che il governo - nonostante i continui annunci - intervenga sulla pressione fiscale, possiamo guardare con fiducia al provvedimento stilato dalla Conferenza delle Regioni in attesa che si concretizzi in effettivi tagli e, quindi, in un risparmio fattivo per tutti contribuenti.

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