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I "niet" del Pd irresponsabile: tutti contro l'intesa col Cav

Berlusconi apre a Bersani. Ma il Pd non vuole stringere un accordo con il centrodestra: piuttosto manda alla malora il Paese

Luigi Zanda, al termine dell'incontro
Luigi Zanda, al termine dell'incontro

C'era da aspettarselo. Sin dalle prime dichiarazioni, all'indomani delle votazioni, il leader del Pd Pier Luigi Bersani si è posto di traverso a un'alleanza con il centrodestra. I democratici non vogliono sentir parlare di larghe intese, di grandi coalizione, di responsabilità: o riescono a sottoscrivere un accordo con il Movimento 5 Stelle o sono anche pronti a mandare tutti al diavolo e far saltare il tavolo delle trattative. Anche oggi Silvio Berlusconi ha ribadito la propria disponibilità a trovare un accordo per il bene del Paese Proposta che i big di via del Nazareno hanno già stracciato: "Piuttosto il voto".

Il messaggio di Berlusconi per larghe intese è arrivato forte e chiaro, ma la maggioranza delle anime democrat l’ha respinto al mittente. Per qualcuno è improponibile, per qualcun altro è troppo tardi. Di certo le quotazioni del voto anticipato sono salite nelle ultime ore, anche se non manca chi si attende un segnale dai Cinque Stelle. Perché, al momento, l’unica condizione per cui i democratici potrebbero accettare una grosse koalition sembrerebbe essere il sostegno anche di Beppe Grillo. Scartata l’ipotesi che Bersani guidi un governo con il Pdl, comunque il tentativo del segretario piddì "è ancora in campo", come ha fatto sapere Matteo Orfini. E come ha ribadito il governatore della Puglia Nichi Vendola che ha rinnovato la sua richiesta al capo dello Stato di consentire al leader piddì di presentarsi in parlamento a verificare se abbia una maggioranza. "È vero che le riforme costituzionali si debbono fare insieme. Ma mi sembra molto difficile ipotizzare un governo politico sostenuto insieme dal Pd e dal Pdl", ha spiegato il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda che questo pomeriggio è salito al Quirinale con Enrico Letta e Roberto Speranza per le consultazioni con Napolitano.

Il Pd rimane con il cerino in mano. Ma è sempre più chiaro che non avrà un sussulto di responsabilità nei confronti degli italiani. In via del Nazareno antepongono gli interessi del partito a quelli del Paese. E i continui "no" al centrodestra sono uno schiaffo a tutti gli elettori che, a questo punto, si trovano senza un governo. "Tecnicamente questo si potrebbe chiamare un 'arrocco istituzionale', uno stallo da cui i grandi partiti hanno tutti da perdere", ha spiegato un ex popolare che l’accordo con il Pdl l’avrebbe voluto fin dal primo momento. "A questo punto chi ha da guadagnarne è solo Grillo che potrà dimostrare l’inutilità delle vecchie forze politiche a risolvere i problemi del paese, chiuse nelle loro logiche di schieramento, e proporsi come l’unico salvatore della patria", ha sottolineato. D'altra parte solo ieri il guru pentastellato ha dichiarato che il parlamento può funzionare anche senza esecutivo.

Fino a questa mattina si è ragionato nel Pd sulla possibilità di sostenere un governo di scopo guidato dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri o dal direttore generale della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni, qualora fosse certificata la chiusura definitiva a Bersani. Certo a patto di un largo sostegno, compresa Scelta civica e i Cinque Stelle. E fermo restando la libertà per il Partito democratico di votare provvedimento per provvedimento e non di digerire tutto come accaduto con il precedente governo Monti. In caso contrario, l’unica prospettiva resta il voto, con il Professorei in prorogatio. Quanto presto si potrebbe tornare alle urne è, tuttavia, difficile dirlo dal momento che a metà aprile inizieranno le procedure per l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale e solo il successore di Napolitano potrà sciogliere le Camere. E a meno di dimissioni anticipate di Napolitano, sempre escluse, è alto il rischio di non fare in tempo a convocare nuovi comizi prima dell’estate. I democrat non hanno, infatti, alcuna intenzione di perdere la partita per il Colle se saltasse ogni possibilità di intesa con le altre forze su un percorso di governo condiviso. E magari mettere in pista Romano Prodi. Il centrosinistra può contare su 480 voti certi, tra parlamentari e delegati regionali, ed è certo che sarà possibile trovare i 24 voti che servono per arrivare alla maggioranza semplice che scatta dopo la quarta votazione. "Di votazione in votazione possiamo anche arrivare a settembre", ha chiarito un deputato bersaniano.

E comunque vada, con Grillo che può contare su 150 parlamentari, il centrodestra non riuscirebbe a portare da solo un moderato al Quirinale.

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