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I piani di Berlusconi: prima il fisco poi la riforma del Porcellum

Il leader del centrodestra si gode il successo per il rinvio della prima rata Imu. Intanto studia la strategia per replicare alla controffensiva giudiziaria delle Procure

I piani di Berlusconi: prima il fisco poi la riforma del Porcellum

Sono giorni che lo va dicendo il Cavaliere, convinto che nei prossimi mesi la vera incognita che peserà sul governo sarà «la tenuta del Pd». Certo, nelle settimane a venire sono in agenda alcuni appuntamenti chiave dal punto di vista processuale – la sentenza di primo grado su Ruby a fine giugno e la Consulta sul processo diritti tv a inizio luglio – ed è chiaro che anche quelli rischiano d'influire sulla stabilità dell'esecutivo Letta. Eppure Silvio Berlusconi continua a ripetere in pubblico e in privato di voler tenere distinti di due piani – quello politico e quello processuale – e di temere più di tutto che il Pd non riesca a reggere agli scossoni interni ed esterni.

Perché quel che davvero differenzia Pdl e Pd, è il senso dei ragionamenti dell'ex premier, è che «noi siamo pragmatici mentre loro sono ideologici». La traduzione la fa Daniela Santanché quando spiega che «quel che interessa al Pdl è riuscire a portare a casa lo stop all'Imu» mentre «il Pd continua ad arrovellarsi sull'opportunità di governare con Berlusconi» con la base sempre più allo sbando. «Noi i fatti e loro le parole», sintetizza «la pitonessa» (così l'ha ribattezzata il Foglio). Di certo, c'è che i democratici faticano e non poco. Soprattutto a tenere a freno una base che il tandem Enrico Letta-Angelino Alfano proprio non lo manda giù e che è ormai bersaglio dei corteggiamenti di Beppe Grillo, deciso a fare campagna acquisti proprio tra l'elettorato deluso del Pd.

Ed è proprio per queste ragioni che negli ultimi giorni si è riaperto il dibattito sulla riforma della legge elettorale. Due le scuole di pensiero: quella di chi teorizza una modifica, magari solo qualche ritocco, subito e quella di chi immagina una riforma complessiva ma con calma. Due visioni che vedono da una parte chi vuol tenersi aperta la via delle elezioni anticipate, magari anche dopo l'estate, e dall'altra chi invece vuole blindare il governo Letta. E già, perché non ha torto il Cavaliere quando ai suoi fa presente che «la riforma della legge elettorale arriva alla fine di un percorso e non all'inizio» che di fatto è «il primo atto per tornare alle urne». Non solo, insomma, come dice la Santanché ci sono «prima le emergenze economiche che la gente non campa a pane e legge elettorale». Ma, come spiega Maurizio Gasparri, bisogna prima affrontare il capitolo presidenzialismo. Alla riunione dei gruppi parlamentari congiunti di lunedì scorso, sia Renato Brunetta sia Renato Schifani erano stati chiari: «Prima riformiamo la Costituzione e mettiamo fine al bicameralismo perfetto e solo dopo mettiamo mano alla legge elettorale». Posizione che è anche quella di Berlusconi che, al netto della cosiddetta «iconografia ufficiale», al momento è più che convinto a tenere in piedi il governo. «Le elezioni certo non le temo – diceva due giorni fa alla cena di raccolta fondi di Gianni Alemanno – ma questo non è il momento di tornare alle urne. Il Paese non se lo può permettere...».

Il ministro Gaetano Quagliariello riferirà sulle riforme mercoledì prossimo nelle commissioni Affari costituzionali e il passo successivo sarà proprio quello di prendere in mano il dossier sulla legge elettorale. Che Quagliariello sia favorevole a sedersi intorno ad un tavolo per trovare una soluzione condivisa non è certo un segreto, ma con la consapevolezza che finché non si tocca il sistema di voto il governo resterà in piedi. Già, perché è piuttosto chiaro che i sostenitori di una nuova legge elettorale oggi (o addirittura quelli del ritorno al Mattarellum ieri) sono gli stessi che vorrebbero vedere l'esecutivo saltare in aria per tornare al voto.

Tra loro un bel pezzo di Pd, quella parte che considera la coesistenza con Berlusconi «insopportabile».

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