Politica

I tentacoli delle mafie sulle imprese del Nord

Presentato il rapporto di Transcrime: 25,7 miliardi l'anno i ricavi illegali del crimine organizzato in Italia. L'1,7% del Pil

'Ndrangheta in Piemonte, Lombardia e Liguria, camorra in Abruzzo, mafia nel Lazio. La criminalità organizzata allunga i tentacoli e, provincia dopo provincia, «compra» pezzi dell'Italia reale. Secondo la fotografia del «Progetto Pon sicurezza 2007-2013» di Transcrime, il centro che studia la criminalità internazionale dell'università Cattolica di Milano e dell'Università di Trento, diretto da Ernesto Savona, docente della Cattolica e direttore di Transcrime. Il rapporto, che parte dall'analisi degli investimenti delle mafie italiane, è basato sulle banche dati dei beni confiscati.

Soldi soldi soldi Transcrime stima in 25,7 miliardi di euro i ricavi delle attività illegali della criminalità organizzata, pari all'1,7% del Pil italiano. La fonte principale di introiti (illeciti) resta il traffico di droga (7,73 miliardi), seguita da estorsioni (4,76 miliardi), sfruttamento sessuale (4,66 miliardi) e contraffazione (4,54 miliardi). A livello di organizzazioni sono camorra e 'ndrangheta le più attive, insieme monopolizzano infatti quasi il 70% dei ricavi totali. Soffermandosi sulla malavita di origine calabrese interessante notare come ormai solo un quarto dei ricavi (il 23%) sia generato in Calabria. Salgono esponenzialmente le quote di prodotto interno lordo mafioso che arriva dal Piemonte (21% del totale) e Lombardia(16%).

Investimenti: aziende al Nord Dai beni confiscati tra il 1983 e il 2011, in totale si sfiorano le 20mila unità (19.987 beni), emerge chiaramente come anche tra i mafiosi vada per la maggiore il mattone: il 42,4% sono abitazioni seguite dai terreni (25,6%). Ma se da questo punto di vista i boss dimostrano un legame con la tradizione «spostandosi verso le Regioni del Centro-Nord il tipo di investimento cambia - spiega Michele Riccardi, ricercatore di Transcrime e docente a contratto in Cattolica -. La criminalità organizzata punta alle imprese, soprattutto alle srl, nel 46,6% dei casi. Questo è legato alla facilità di costituzione (un capitale sociale di partenza relativamente basso, soli 10mila euro) e dal vantaggio dettato dalla limitazione delle responsabilità patrimoniali». I settori più appetibili sono il commercio, all'ingrosso e al dettaglio (29,4%) e le costruzioni (28,8%). Seguono a distanza alberghi e ristoranti.

Perché le imprese? Interessante capire come mai le mafie decidano di investire nelle aziende. La redditività non è al primo posto. Spesso sono più determinanti la necessità di riciclare denaro, il controllo del territorio e la creazione di consenso sociale. «I settori più esposti - continua Riccardi - sono quelli a bassa tecnologia, alta intensità di manodopera e alto coinvolgimento di risorse pubbliche». Come abbiamo visto i settori sono quelli che rispondono a questi requisiti: costruzioni, estrazioni, cave, alberghi e ristoranti. Il fatto che la mafia non guardi alla redditività è svelato dai dati di bilancio delle aziende «infiltrate». La gestione è inefficiente e i profitti sono in media minori rispetto alle altre imprese del settore. E per riconoscere un'impresa in odore di criminalità organizzata basta guardare lo stato patrimoniale: le risorse a disposizione vengono dai mercati illeciti senza ricorrere all'indebitamento bancario.

Oppure alla composizione societaria: nella maggior parte dei casi si tratta di srl guidate da prestanome scelti tra i parenti.

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