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"Via i turisti da Sharm, è allarme terrorismo"

I governi di mezza Europa, Italia inclusa, chiedono ai propri connazionali di rientrare o non partire: "C'è una reale minaccia jihadista in tutto il Sinai"

"Via i turisti da Sharm, è allarme terrorismo"

Tutti a casa. Dopo Germania, Olanda e Inghilterra, lo raccomanda anche la Farnesina. Il consiglio di abbandonare Sharm El Sheik e gli altri centri turistici del Sinai in seguito al «progressivo deterioramento della sicurezza» campeggia da ieri sulla prima pagina di «Viaggiare Sicuri» il sito del Ministero degli Esteri dedicato ai connazionali in viaggio. «In considerazione del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza si sconsigliano i viaggi in tutta la penisola del Sinai comprese le località balneari ivi situate, quali Sharm el-Sheik, Dahab, Nuweiba e Taba».
Il presidente di Fiavet-Confcommercio Fortunato Giovannoni ha immediatamente criticato la decisione di scegliere la giornata di venerdì per diramare l'allarme citando possibili problemi per il rientro dei circa 4/6mila turisti che ogni settimana raggiungono Shram. Inoltre, a detta di Giovannoni, «non esistono fatti nuovi e i villaggi turistici rimangono sicuri». In verità l'allarme è quanto mai concreto. «Viaggiare Sicuri» nel capitolo dedicato all'Egitto accenna esplicitamente alla possibilità di «azioni ostili di stampo terroristico in tutto il Paese, eventualità di cui ogni connazionale deve essere pienamente consapevole anche alla luce dell'attentato a Taba». L'essenza dell'allarme lanciato dalla Farnesina è tutta in queste ultime righe. L'attentato di Taba dello scorso 16 febbraio è costato la vita a tre sud coreani e all'autista di un pullmino con a bordo una comitiva di 30 cristiani proveniente da Seul e diretta al monastero di Santa Cristina nel Sinai. Con quella carneficina i militanti delle formazioni di matrice al qaidista acquartierati nella penisola hanno dimostrato di esser pronti ad alzare il tiro e a colpire non solo le forze di sicurezza egiziane, ma anche i viaggiatori stranieri. Un proposito evidenziato nel comunicato con cui Al Maqdis, un gruppo basato nel Sinai ed esplicitamente legato ad Al Qaida, rivendica la strage di Taba e la definisce «parte della guerra economica contro il regime dei traditori rivolta a paralizzare le mani del regime dei traditori».
A surriscaldare ulteriormente la tensione è arrivata poi l'offensiva delle forze governative egiziane che giovedì hanno lanciato un raid contro i gruppi jiahdisti uccidendo sei loro militanti tra cui un membro di Beit Al Maqdis. Il blitz ha portato inoltre alla distruzione di un ospedale da campo usato per curare i militanti feriti e alla cattura di almeno 14 sospetti. Mentre era in corso l'operazione le forze di sicurezza egiziane, costantemente impegnate a monitorare tutte le comunicazioni telefoniche in entrata e in uscita dalla penisola polveriera, hanno intercettato una telefonata tra un militante basato nel Sinai e uno all'estero in cui si accennava chiaramente alla possibilità di un nuovo massacro. A quel punto è scattato l'allarme rosso. Tedeschi inglesi, israeliani ed olandesi hanno richiamato tutti i gruppi turistici presenti nel Sinai chiedendo, per la prima volta, il rientro di quelli in vacanza a Sharm El Sheik. Una precauzione subito condivisa dal nostro ministero degli esteri che ha semplicemente seguito le precauzioni adottate dalle altre cancellerie. Tra il 2004 e il 2006 le spiagge del Sinai erano già state prese di mira da una sanguinosa ondata di attacchi destinati a colpire il turismo egiziano. L'attacco all'hotel Hilton di Saba nel 2004 costò la vita a 23 persone tra cui le sorelle di Cuneo Jessica e Sabrina Rinaudo.

Gli attentati del luglio 2005 colpirono proprio Sharm El Sheik uccidendo 88 persone tra cui sei italiani.

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