Politica

Imprese non pagate. E pure mazziate

Prima doveva essere un decreto legge immediatamente esecutivo, ma Monti e Napolitano hanno detto no. Poi si è passati alla via mediana di un provvedimento approvato dalle commissioni di Senato e Camera saltando le lungaggini dell'aula. Adesso neppure quello. La legge che cancella la vergogna del carcere per i reati di opinione è stata di fatto affossata ieri da una politica incapace ormai di tutto, anche di mettere in pratica ciò che a parole dice di voler fare. Non è una novità. E non ne faccio un caso personale, anche se questo vorrà dire andare presto in carcere per quattordici mesi. Così come difendo la libertà di noi giornalisti di fare ciò che in coscienza sentiamo, altrettanto riconosco ai politici, che devono rispondere non a noi ma agli elettori. Se così fosse avrebbero tutto il mio rispetto. Il fatto è che così non è, lo dicono i fatti. Da un minuto dopo la condanna, il presidente della Camera Gianfranco Fini e la sua avvocatessa Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia, hanno brigato dietro le quinte per affossare la legge salva Sallusti come vendetta personale per il caso Montecarlo (rimasto tutt'ora senza colpevoli). Di Pietro idem, nonostante a parole garantisse personalmente il contrario. La rottamanda Finocchiaro, capessa saccente dei senatori Pd (quella che si fa fare la spesa dalla scorta di Stato), non ha neppure avuto il coraggio di dichiarare la sua contrarietà, nel Pdl è stato un fuggi fuggi di colonnelli e colonnelle allo sbando che non vedono l'ora di liberarsi di me.
Posso rimanere io, personalmente a professionalmente, appeso all'ipocrisia di questi mediocri che ho pure, come tutti voi, mantenuto per anni pagandogli con le mie tasse amanti, vacanze e vizi vari? Direi di no, non supplico, non mi inginocchio né umilio. Sapete che c'è, cari politici? Lasciate perdere, andate tutti a quel paese, non voglio essere salvato da gente come voi. Siete alla stessa stregua di quei due giudici che in malafede, e per potermi arrestare, mi hanno appiccicato l'etichetta infame di «persona socialmente pericolosa» e degli autorevoli colleghi di altre testate che in queste settimane non hanno speso un rigo né una parola per difendere una libertà che oltre che mia è anche loro.
Ma vado oltre, e a questo punto denuncio una omissione di atti d'ufficio da parte della Cassazione e della Procura di Milano che a distanza di settimane dalla sentenza, a differenza di quanto avviene per un cittadino qualunque, ancora non mi hanno notificato l'ordine di carcerazione. Come mai un trattamento di favore non richiesto? Cosa c'è, vi vergognate di quello che avete fatto? Coraggio, tirate fuori le palle, e soprattutto non fate giochini strani sulla mia pelle. Devo scontare quattordici mesi, non quattordici più questo tempo che mi fate passare nel limbo dell'incertezza, che è condanna ancora più grave.

Almeno su questo siate giusti e leali.

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