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Incubo fiscale di fine anno: 24 tasse da pagare in due mesi

«Pressing fiscale», lo chiama Giuseppe Bortolussi, segretario degli artigiani di Mestre, che usa apposta una terminologia da pugilato. Una scarica micidiale di ganci e diretti si abbatterà sulle imprese tra novembre e dicembre, e potrebbero metterle al tappeto. «Ben 24 scadenze fiscali e contributive», calcola il leader della Cgia, il che equivale a esborsi fino a 56mila euro.
Iva, Imu, Tares. Sono i nodi che arriveranno al pettine a fine anno, le imposte rinviate ma non cancellate dal governo Letta, destinate ad accumularsi l'una sull'altra con aliquote più onerose che in passato. E a ciò si affiancano gli acconti appesantiti di Irpef, Ires e forse Irap. È vero che fra un anno i saldi saranno più leggeri, ma questa sovrapposizione di slittamenti e rincari di fine anno «avrà effetti molto negativi per i bilanci di molte aziende, in particolare per le piccole imprese», prevede Bortolussi. È infatti sul 2013 che saranno caricati gli aggravi concentrati nei mesi più cruciali, gli ultimi due.
Questo è il quadro drammatico tracciato dalla Cgia mestrina. L'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento scatterà il 1° ottobre e le conseguenze per le aziende si cominceranno a sentire da novembre, quando le ditte che pagano l'Iva mensilmente dovranno versare l'imposta. Quanto all'Imu, sottolinea Bortolussi, gli imprenditori «attendono con fiducia la riforma che sarà presentata entro agosto» perché dovrebbe prevedere la deducibilità dell'imposta dal reddito d'impresa. E poi dovranno sperare nei Comuni che hanno tempo fino al 30 settembre per fissare le aliquote per il 2013. Il nuovo tributo locale sui rifiuti (Tares) è stato posticipato dalla primavera a fine anno. Rispetto a quanto pagato nel 2012, il rincaro sarà almeno del 15 per cento: è l'incremento minimo necessario per coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Infine gli acconti Irpef, Ires e Irap. Secondo il decreto legge che rinvia l'aumento dell'Iva, essi subiranno un rincaro che viene scaricato interamente sulla seconda rata, quella appunto di fine anno.
Tra aggravi e incertezze sulle riforme annunciate ma alle quali nessuno ha ancora messo mano, la situazione è davvero preoccupante. Ma nei bilanci degli imprenditori non sono queste le uniche voci di uscita in materia fiscale e previdenziale. Tra novembre e dicembre, le scadenze sono 24. Alle imposte già elencate, e alle trattenute Irpef e ai contributi Inps dei dipendenti, si aggiunge una pletora di adempimenti che vanno dagli elenchi Intrastat alle comunicazioni telematiche all'Agenzia delle Entrate, dalle rivalutazioni del Tfr a numerose comunicazioni formali.
Gli uffici della Cgia hanno calcolato quanto potrebbe incidere il «pressing fiscale» di fine anno su alcuni modelli di piccole imprese. Un commerciante con un negozio di 71 metri quadrati (ditta individuale, nessun dipendente) tra novembre e dicembre dovrà versare 10.887 euro. Un artigiano con laboratorio e due dipendenti deve prevedere un esborso di 18.181 euro. Si sale sempre di più attraverso le simulazioni: una società di persone con 2 soci, 5 dipendenti e un capannone deve cominciare a mettere da parte 36.895 euro, mentre una srl con 2 soci lavoranti e 10 dipendenti sarà gravata da versamenti per 56.212.
Quello che preoccupa è il concentrarsi di rincari e rinvii in pochissime settimane cruciali. «Già in affanno per la cronica mancanza di liquidità - è il grido di allarme di Bortolussi - tra novembre e dicembre le piccole imprese dovranno versare (tra imposte, tasse e contributi) tra i 10.800 e i 56.000 euro.

Una vera stangata che rischia di mettere definitivamente in ginocchio moltissimi operatori economici».

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