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Industriale vivo per miracolo stampa 10 milioni di santini

Mezzo mondo ha avuto tra le mani, nei momenti più belli, qualcuno degli innumerevoli prodotti di Michele Florio, industriale specializzato nelle carte da regalo, negli shopper colorati, nelle scatole decorate. Ma questo milanese che va per gli 83 anni è riuscito a fare in modo che mezza Italia afferri, nei momenti più brutti, l'articolo che gli è più caro: la coroncina della Divina Misericordia. Quella che il 4 aprile 1937, durante un'apparizione alla suora polacca Faustina Kowalska, fu oggetto della promessa fatta da Gesù ai fedeli che la recitano, soprattutto al capezzale degli agonizzanti: «Nell'ora della morte non sarò per loro Giudice, ma Salvatore misericordioso».
Anche Florio stava per morire. «Nel 1998 avevo un tumore all'ultimo stadio. Fui miracolato, da un giorno all'altro. I medici non credevano ai loro occhi». Da allora s'è preso l'impegno di stampare e diffondere il santino che riporta la coroncina, un calco abbreviato del rosario da scandire di preferenza alle 3 del pomeriggio, corrispondenti nel Vangelo all'ora nona in cui Gesù sulla croce, «emesso un gran grido, rese lo spirito». È un pieghevole plastificato, a tre ante, che l'imprenditore cartario ha già propagato in oltre 10 milioni di copie. Lo invia gratis a chiunque lo desideri, spese postali a proprio carico. Mica uno solo: intere scatole da 1.300 pezzi ciascuna. Mica una scatola: quante se ne vogliono. Per essere sicuro che tutti, ma proprio tutti, possano fargliene richiesta, sotto la riga in corpo 6 che precisa come l'iniziativa sia nata «con approvazione ecclesiastica della Curia arcivescovile di Milano in data 14 dicembre 2007», ha messo il suo numero di cellulare: 3357242545. «Qualche volta mi tocca spegnerlo per un paio d'ore. Ricevo dalle 50 alle 100 telefonate al giorno e tenerci dietro non è facile, alla mia età». Fino a qualche tempo fa stampava le immagini sacre a suo nome. Poi il commercialista gli ha spiegato che i regali, anche i più pii, sono tassabili dallo Stato, per cui adesso, vicino alla dicitura «non commerciabile», c'è scritto «Florio carta Spa».
Maria Faustina Kowalska nacque il 25 agosto 1905 nel villaggio di Glogowiec, terza dei dieci figli d'una coppia di contadini. Fin dall'età di 7 anni avrebbe voluto ritirarsi in convento, ma i genitori glielo impedirono. Riuscì a coronare il suo sogno soltanto nel 1925, quando fu ammessa nel monastero delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, a Varsavia. Morì a Cracovia, di tubercolosi, il 5 ottobre 1938, ad appena 33 anni, la stessa età del Nazareno in croce. Il quale, stando a quanto si legge nel diario della monaca, le fece molteplici «rivelazioni private», fino a permetterle la terrificante visione dell'inferno.
Giovanni Paolo II era devotissimo alla Kowalska, che è sepolta nella città in cui egli era stato arcivescovo prima di diventare Papa. La seconda enciclica del suo pontificato, Dives in Misericordia, è ispirata proprio alla mistica che egli avrebbe proclamato santa nel 2000, stabilendo che ogni anno, nella prima domenica dopo Pasqua, la Chiesa celebrasse la festa della Divina Misericordia. Karol Wojtyla morì il 2 aprile 2005, dopo il vespro che precedeva questa ricorrenza.
Florio, nato nel quartiere di Porta Ticinese, secondogenito di cinque figli, dovette abbandonare gli studi dopo la prima media per aiutare il padre Antonio, un carabiniere malpagato che aveva smesso a malincuore la divisa dell'Arma e avviato un commercio all'ingrosso di cancelleria per poter sfamare la famiglia. Ereditata l'azienda, è riuscito con tenacia ad ampliarla, tirando su ogni dieci anni un nuovo capannone nell'hinterland milanese, il primo a Segrate, il secondo a Cassina, il terzo a Premenugo di Settala. Oggi la Florio carta è leader in Italia nel suo settore, fattura 10 milioni, dà lavoro con l'indotto a un'ottantina di persone, esporta il 40 per cento della produzione e fornisce carta da regalo in fogli e in rotoli a colossi della grande distribuzione come Esselunga, Coop, Auchan e Bennet.
Nonostante il successo, Florio non s'è montato la testa, è rimasto una persona mansueta, che ha progressivamente delegato i ruoli operativi ai due figli per potersi dedicare anima e corpo al culto promosso da Santa Faustina Kowalska. Dopo anni di apostolato solitario, ha avuto un insperato successo anche in questa missione: il Club Santa Chiara, associazione nazionale che raccoglie oltre 250 professionisti della comunicazione, è rimasto molto colpito dalla sua generosità disinteressata e con l'entusiastica adesione di Guido Confalonieri, direttore marketing di Digitalia '08 (la concessionaria pubblicitaria di Mediaset Premium), Massimo Crotti, amministratore delegato di Tiscali Adv, e Giuliana Fiorentino, redattrice del Tg4, ha deciso di offrire un sostegno collaterale all'iniziativa, affiancando Florio nella stampa e nella diffusione della coroncina della Divina Misericordia.
Contento?
«Moltissimo. Il bene, anche se non pare, è più contagioso del male. Io però continuerò a stampare per conto mio un milione e mezzo di santini ogni sei mesi, come faccio ormai da anni».
Le arrivano così tante richieste?
«Perfino dal Madagascar. Un vescovo ne ha volute 200.000 copie in lingua francese. Mi chiedono la coroncina anche in tedesco e in inglese, ma devo ancora attrezzarmi per le traduzioni. Ho il terrore di mettere una parola al posto di un'altra».
Al Papa l'ha mandata?
«No. Però un amico mi ha suggerito d'inviarne una scatola al cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, che mi ha telefonato per ringraziare».
Sicuro d'essere stato miracolato?
«Sicurissimo. Nel giugno 1996 vidi tracce di sangue nell'urina e corsi a farmi visitare alla casa di cura Santa Chiara di Milano. Mi ricoverarono subito. La diagnosi fu tragica: carcinoma vescicale. Subii tre interventi chirurgici nel giro di due anni».
La clinica Santa Chiara non è quella dove il dottor Pierpaolo Brega Massone operava inutilmente i pazienti per truffare il Servizio sanitario nazionale?
«Sì, ma che c'entra? Io ero ricoverato in urologia, dal dottor Fulvio Zanoni, e le Tac parlavano chiaro: ogni volta il tumore si riformava, nonostante i tre mesi di chemioterapia dopo ciascun intervento».
Si raccomandava l'anima a Dio prima d'andare sotto i ferri?
«Non ci pensavo proprio, a Dio. Ero certo che nessuno m'avrebbe tolto quello che avevo. Al massimo i medici mi avrebbero ricostruito la vescica con un pezzo d'intestino oppure messo un sacca esterna di raccolta dell'urina da cambiare ogni due giorni. Dalla seconda operazione in poi cominciai a riflettere sul fatto che solo l'Altissimo poteva salvarmi. La quarta diagnosi fu peggiore delle altre: “Dobbiamo toglierle la vescica e metterle una derivazione urinaria”. Io risposi: aspettiamo tre giorni. E mi feci dimettere».
Si fece dimettere?
«Esatto. Mi misi al volante della mia auto e andai fino ad Arenzano, in Liguria, dove sorge il santuario del Bambino Gesù di Praga, retto dai carmelitani scalzi. Sapevo che lì s'erano compiuti molti prodigi. Chiesi la grazia, con devozione vera. Al ritorno, guidando mi sentivo strano».
Strano come?
«Strano. Mi sentivo un altro, ecco. È difficile da spiegare. Tornai alla clinica Santa Rita e pretesi che mi rifacessero tutti gli esami a mie spese. “Ma è assurdo, li abbiamo eseguiti l'altrieri”, obiettarono i medici. Insistetti. Quando controllarono le lastre appese sullo schermo luminoso, il tumore non c'era più. A quel punto furono loro a voler ripetere gli esami un'altra volta. Niente. Non contento, il dottor Zanoni, uno scettico che non credeva in nulla, decise di portarmi ugualmente in sala operatoria per una cistoscopia. Rimase stupefatto: la vescica appariva assolutamente normale, nessun segno delle tre operazioni subite. “Ma non è possibile! Gli interventi li ho fatti io. Qui bisognerà crederci per forza. È un miracolo”, balbettò».
E lei?
«Dopo un mese tornai nel santuario di Arenzano. Là c'è pieno di ex voto per grazia ricevuta. Ma io non avevo fatto nessun voto, mi ero limitato a pregare con fede. Quindi portai solo me stesso. Ero io l'ex voto vivente, anche se ho trovato il coraggio di dirlo ai carmelitani solo dieci anni dopo. Da allora credo in Cristo».
Prima non ci credeva?
«Poco. Andavo a messa otto volte l'anno, pur avendo frequentato da ragazzo il collegio dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia a Busnago».
La misericordia era nel suo destino.
«Ma se lei mi chiede come mi capitò per la prima volta fra le mani la coroncina della Divina Misericordia, non glielo so spiegare. Buio completo. Ricordo solo questa immaginetta sacra di Gesù, dal cui cuore suor Faustina Kowalska vide partire due fasci di luce che illuminano il mondo; come Gesù stesso spiegò alla santa, i due raggi, uno rosso e l'altro biancoceleste, rappresentano il sangue e l'acqua sgorgati dal costato di Cristo quando il soldato gli trafisse il petto con una lancia sul Calvario. Rimasi molto colpito dalla sottostante spiegazione: c'era scritto che il Salvatore sarebbe venuto incontro, nell'ora della morte, a colui che avesse propagato questa pratica votiva».
Che ora è appunto la sua missione.
«Per diffondere la coroncina in grandi quantitativi, all'inizio mi rivolsi al negozio delle Paoline che c'è dietro il Duomo di Milano. Ma i santini costavano cari. Anzi no, cancelli: metta che costavano troppo. Così decisi di farmeli stampare da una tipografia. Stampa oggi, stampa domani, sono arrivato a oltre 10 milioni di copie».
All'inizio a chi li portava?
«Alle parrocchie, dalla Lombardia alla Sicilia. Purtroppo però il 2 o 3 per cento dei preti li rifiutava, dicendomi: “È sufficiente il Vangelo, le immagini non servono”. Allora perché non tolgono le pale d'altare? Stacchino anche il Crocifisso di Giotto dalla navata centrale della basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Non è un'immagine pure quella? Molti sacerdoti non parlano mai della Divina Misericordia. Per fortuna c'è Alessandro Manzoni a ricordarci nei Promessi sposi che Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia. Però preferisco che non riporti le mie critiche ai parroci, non voglio sembrare irrispettoso. Cancelli tutto».
La Madonna appare a San Domenico e gli consegna il rosario. Poi suo Figlio appare a Faustina Kowalska e le ordina di recitare la coroncina. Ammetterà che si resta un po' disorientati.
«Il primo si dice in 20 minuti, la seconda in 7. Che ci vuole? Male non fa. Mia moglie ha visto in televisione, non ricorda se su Rai 1 o Rai 2, un uomo paralizzato che ha ricominciato a camminare dopo aver recitato la coroncina davanti al quadro raffigurante il Sacro Cuore che compare sul mio santino. È un Cristo che ho commissionato al pittore Giorgio Pasinetti di Trescore Balneario. A chi me lo chiede, mando anche il poster alto 2 metri».
I suoi figli recitano la coroncina?
«Mia figlia ogni tanto. Mio figlio no, perché sua moglie è agnostica. Con questa mia nuora parlo di tutto, tranne che di religione. Però le sono grato perché ha accettato che ai miei tre nipotini fossero amministrati battesimo, eucarestia e cresima».
Non teme che il cancro si ripresenti?
«No. Sono certo che morirò di qualcos'altro, ma non di tumore alla vescica».
Gli affari come vanno?
«Non posso lamentarmi. Nonostante la crisi, la flessione del fatturato è moderata: 10 per cento. La carta costa meno del contenuto, per cui si vede che la gente risparmia sul regalo ma non sull'involucro. Mio figlio mi ha proposto di costruire un altro capannone. Gli ho detto: fa' quello che vuoi, a me importa solo di Gesù. L'anno scorso, prima di Pasqua, mia moglie è stata colpita da una leucemia fulminante. Sarebbe dovuta morire in quattro giorni. Invece è ancora con me».
Lei crede all'inferno?
«Se esiste il diavolo, esisterà anche l'inferno. Suor Faustina lo descrisse come un luogo di tormenti spaventosamente grande. Ebbe il triste privilegio di vedere le sette pene che vi si scontano. La prima è la perdita di Dio; la seconda è il rimorso; la terza è la certezza che la condanna non finirà mai; la quarta è il fuoco che brucia l'anima senza annientarla; la quinta è il fetore soffocante e l'oscurità totale; la sesta è la compagnia continua di Satana; la settima è la disperazione».
Come si giustifica tutto questo con la Divina Misericordia?
«La santa polacca ci ha assicurato che la misericordia di Dio talvolta raggiunge il peccatore in punto di morte, con modalità singolari e misteriose. Quando a noi sembra che tutto sia perduto, l'anima illuminata da un ultimo raggio di grazia si rivolge a Dio in extremis con un impeto d'amore che ottiene all'istante da Lui il perdono delle colpe. Il Padreterno è talmente buono che non so nemmeno se l'inferno duri davvero per sempre».
E come s'immagina il paradiso?
«Ci si vorrà tutti bene, come in una famiglia. Quando ci si vuol bene, non è quello il paradiso?».
(608. Continua)
stefano.

lorenzetto@ilgiornale.it

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