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Interrogato per otto ore Vigni, ex numero due della banca sull'orlo del cracl'inchiesta

nostro inviato a Siena

Mentre l'ex dg di Monte Paschi Antonio Vigni accumula altre otto ore di interrogatorio, dopo le otto di mercoledì scorso, i pm di Siena che indagano sulla vicenda Mps vogliono sentire anche il «grande capo» di Santander, Emilio Botin. Il 78enne banchiere spagnolo, vicinissimo all'Opus Dei, è stato già convocato come persona informata sui fatti dai magistrati toscani che indagano sull'acquisizione di Antonveneta, che Mps comprò a fine 2007 con un plusvalore di oltre 3 miliardi alla controparte spagnola e un esborso complessivo di 19 miliardi. La sua versione su quell'accordo è l'ultimo pezzo mancante alla procura per ricostruire il contestatissimo deal, ma i pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalino dovranno attendere ancora. Il banchiere ha declinato da Madrid il primo invito dei magistrati, che però hanno tutta l'intenzione di insistere.
Botin si è recentemente sfilato da un'indagine della magistratura iberica: a maggio 2012 la Corte nazionale ha archiviato l'accusa di frode fiscale contro di lui e undici suoi parenti per fondi non dichiarati depositati in Svizzera, regolarizzati dai Botin con gran tempismo prima dell'avvio delle indagini. Ma l'invito in Toscana è come teste: i pm di Siena vogliono la sua testimonianza, per far luce su una serie di elementi «anomali» di quell'accordo. La mancata concessione a Mps della due diligence preventiva, per esempio, oltre alla sproporzionata valutazione di Antonveneta, che Santander aveva comprato (come «pezzo» della scalata al gruppo olandese Abn Amro, precedente proprietario della banca del Nord Est) quasi contestualmente, a un prezzo inferiore di oltre 3 miliardi di euro, rivendendola prima ancora di averla pagata. Il sospetto degli inquirenti è che nelle pieghe di quel sovrapprezzo potesse nascondersi un vantaggio patrimoniale personale per uno o più dei protagonisti di quella transazione. Per lo stesso motivo, i pm senesi hanno in programma a breve un incontro con i colleghi napoletani che, perquisendo a giugno scorso l'ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, avrebbero trovato materiale relativo al passaggio di Antonveneta da Santander (del quale Gotti è rappresentante per l'Italia) a Mps, documenti che la procura toscana intende ora acquisire. Potrebbero contrastare con quanto sostenuto da Gotti Tedeschi nel suo interrogatorio, lo scorso 31 gennaio, quando avrebbe negato qualsiasi ruolo nel negoziato su Antonveneta, gestito a suo dire direttamente sull'asse Madrid-Siena.
Una versione confermata a mezzo stampa anche dal responsabile per l'Italia di Rothschild, Alessandro Daffina, advisor di Santander per quella cessione, sentito ieri in mattinata dai pm senesi, che gli hanno fatto presente di non aver gradito quelle interviste. Fu proprio Daffina – l'ha raccontato agli inquirenti lui stesso sin dalla prima volta che è stato sentito, il 9 marzo del 2012 - a ricevere da Botin, ad agosto del 2007, l'incarico di cercare soggetti interessati a rilevare la banca veneta, ponendo come requisito il «no» alla due diligence. Fu sempre lui a ottobre a dettare all'ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, una bozza di lettera da spedire a Botin per manifestare il proprio interesse al deal.
Vigni, intanto, con le sue dichiarazioni sta guidando gli inquirenti nei meandri dell'indagine, sia sul fronte Antonveneta che su quello delle spericolate operazioni finanziarie: era presente anche lui alla famosa conference call con i vertici di Nomura. L'ex direttore – che nel 2009 incassò un bonus di 900mila euro, e al momento di lasciare Mps ha percepito 5 milioni di buonuscita - ha ribadito la «correttezza» del suo operato come numero due di Mps, restringendo i confini del suo ruolo. Insomma, sulla tolda di comando – è il messaggio di Vigni – c'era Mussari.

Che a inizio settimana arriverà in procura per essere interrogato quando il suo ex vice ha già riversato ai pm 16 lunghe ore delle sue verità.

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