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Il Cav: "Non possono vietarmi di essere Silvio Berlusconi"

Il Cav ribadisce il suo ruolo di leader del centrodestra: "Non possono impedirmi di parlare". L'ex premier attacca: "In gioco molto più della mia persona"

Il Cav: "Non possono vietarmi di essere Silvio Berlusconi"

"È in gioco molto più che il destino di una persona". La decisione di spogliare Silvio Berlusconi dal suo ruolo di senatore non è soltanto una faccenda che tocca l'ex premier. Piuttosto "l'epilogo di quella guerra dei vent'anni che i magistrati di sinistra hanno condotto contro di me, considerato l'ostacolo da eliminare per garantire alla sinistra la presa definitiva del potere".

Il leader del Pdl spiega in un'intervista alla rivista Tempi, in edicola il 5 settembre, ma anticipata oggi sul sito del magazine, il reale significato dell'accanimento contro di lui, che non rispetta i "milioni di elettori che hanno votato per me" e hanno "diritto alla piena rappresentanza istituzionale del primo partito italiano".

Qualsiasi cosa deciderà l'Aula, che decida o meno per la decadenza del suo ruolo senatoriale, Berlusconi ribadisce: "Non possono togliermi il diritto di parola sulla scena pubblica e civile italiana. Non possono togliermi il diritto di animare e guidare il movimento politico che ho fondato. Non possono togliermi il diritto di essere ancora il riferimento per milioni di italiani". Risponde poi anche alle continue voci su un passaggio di testimone alla figlia Marina, lodandone "il valore", ma dicendosi "assolutamente sicuro che non scenderà in campo".

Il leader del centrodestra rimarca la fragilità del governo delle larghe intese, "nato con l'obiettivo di un alleggerimento fiscale", ribadendo che "la strada maestra è quella di lasciare più soldi nelle mani delle famiglie, delle imprese e dei lavoratori attraverso consistenti riduzioni fiscali", partendo da una "abolizione dell'Imu". Perché "o l’Italia riprende a correre, oppure rischiamo di pagare un prezzo altissimo alla crisi".

Berlusconi ricorda anche la battaglia per una riforma del sistema giustizia.

"È giusto che nei prossimi mesi siano direttamente gli italiani, come già fecero nel 1987 con maggioranze amplissime, a poter realizzare nelle urne referendarie quelle riforme della giustizia che si sono rivelate impraticabili in Parlamento".

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