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"Israele voleva fermare il kazako Ma il blitz ha fatto saltare tutto"

Tel Aviv è a caccia dei sei miliardi di dollari che Ablyazov si è portato in esilio. Il mediatore con gli 007 italiani: "Non sanno ancora come sia potuto sparire"

"Israele voleva fermare il kazako Ma il blitz ha fatto saltare tutto"

Il nome di Paolo Sabbadini e la pista israeliana saltano fuori da uno degli allegati alla relazione del capo della polizia, Alessandro Pansa, sul pasticcio kazako. Un consulente finanziario «per conto di due banche di investimento, una con sede a Parigi (in realtà a Londra, nda), l'altra a Tel Aviv», si legge nell'appunto della questura di Roma del 12 luglio, fa da trait d'union fra la società di investigazione israeliana, Gadot Information Service di Amit Forlit e gli 007 privati italiani della «Sira srl». Stiamo parlando di Gaetano Ferro, pensionato probabilmente ex dei servizi, con tessera di Palazzo Chigi del 2009, Mario Trotta, brigadiere in congedo e Marco Monferà, che il 28 maggio, prima del blitz, sorvegliano Mukhtar Ablyazov dopo averlo identificato più volte a Casal Palocco e dintorni.

Il Giornale ha raggiunto telefonicamente Sabbadini. «Sono un uomo d'affari. Opero nel mondo della finanza in una banca di investimento inglese e israeliana e mi occupo di fusioni e acquisizione di aziende in particolare quelle israeliane ed italiane specializzata nel settore defence security - spiega premettendo di non voler rilasciare interviste - Ho solo messo in contatto le due agenzie di investigazione grazie a rapporti di amicizia e fiducia».

La «Gadot information service» di Amit Forlit ha ricevuto un incarico dal governo kazako ad Astana di rintracciare Ablyazov, l'oligarca «dissidente» ricercato dall'Interpol per gravi reati finanziari. Gli israeliani con sistemi tecnologici non ben identificati scoprono che il latitante vive alle porte di Roma, ma hanno bisogno di una controparte italiana per individuarlo e sorvegliarlo. Sabbadini fa da collegamento con la Sira Investigazioni di Roma ed il suo proprietario, Mario Trotta, che sul primo momento lo indica genericamente alla polizia come «Paolo».

Gli investigatori privati italiani individuano Ablyazov, grazie a delle foto fornite da Tel Aviv. «Non usciva molto di casa, ma ogni tanto andava in palestra con la moglie e al ristorante. Lo hanno visto, come mi è stato riferito dalla Sira, anche qualche mattina prima del blitz della polizia fare ginnastica sul terrazzo della villa», conferma Sabbadini. Il 26 maggio il ricercato va con la moglie al ristorante della località Infernetto e non ha alcun sospetto.

Gli israeliani pretendono dagli investigatori italiani rapporti quotidiani, che poi vengono girati ad Astana. A Roma sembrano all'oscuro che sul pesce grosso si sta muovendo anche l'ambasciatore kazako Adrian Yelemessov.

Il compito degli 007 privati è identificare il latitante, la sua rete d'appoggio e scoprire dove sono finiti i 6 miliardi di dollari che Ablyazov si è portato in esilio. «Il contratto prevedeva almeno due mesi di attività», conferma Sabbadini. Non c'è alcun interesse sulla moglie e la figlia poi vergognosamente spedite in Kazakhstan.

Gli israeliani sarebbero stati interessati ad Ablyazov solo per i suoi problemi con il regime kazako e non per i personaggi che gli hanno dimostrato solidarietà in Europa legati alla «Flottilla» finita male davanti alle coste di Gaza e ad Hamas.

Il blitz della polizia coglie tutti di sorpresa. E ancor più le rivelazioni sulle pressioni esercitate dai diplomatici kazaki. Secondo l'incarico degli israeliani la cattura non era prevista in tempi brevi e con questo clamore.

Ancora più sorprendente risulta il mancato arresto del latitante. Gli investigatori privati di Roma sorvegliano la villetta di Casal Palocco, quando vengono sorpresi dalla polizia, convinti che ci fosse Ablyazov.

Sabbadini è lapidario: «Ce lo chiediamo anche noi come abbia potuto dileguarsi».

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