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L'amarezza di Cuffaro, più pericoloso dei serial killer: «Speravo ma accetto»

L'ex governatore cui è stato rifiutato l'affidamento ai servizi sociali perché non ha collaborato: "Volevo essere utile ai più bisognosi. Non la condivido ma accetto la sentenza"

L'amarezza di Cuffaro, più pericoloso dei serial killer: «Speravo ma accetto»

Il «no» del Tribunale di Sorveglianza di Roma, arrivato giusto mentre infuriavano le polemiche per i permessi premio concessi ad altrettanti serial killer scappati e poi riacciuffati, gli brucia, è inevitabile. Stavolta ci aveva creduto, sperava davvero di trascorrere il Natale fuori dal carcere, vicino ai suoi affetti più cari. Ma con quella dignità che lo ha contraddistinto in tutta la vicenda giudiziaria - dalla consegna spontanea al carcere romano di Rebibbia poche ore dopo la sentenza definitiva, alla lotta sostenuta per potere dare l'ultimo bacio al padre moribondo - Salvatore Cuffaro, l'ex governatore di Sicilia condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato la mafia, non dice una parola contro i giudici. La rabbia la lascia al fratello Silvio, che subito dopo il «no» ha diramato una nota denunciando che in Italia appartenere ad una certa classe politica non consente di avere giustizia». Lui invece no. Nonostante tutto, nonostante sia convinto di aver subito un'ingiustizia, apparentemente è sereno.

«Avevo coltivato la speranza - dice attraverso i legali e i suoi familiari, che lo hanno incontrato dopo il diniego dei giudici di Roma - di poter continuare a scontare la mia pena in affidamento al servizio del più bisognosi, di quelli che come me cercano e hanno bisogno di speranza. I giudici del tribunale di Sorveglianza hanno deciso che io debba rimanere in carcere per il resto della pena. Non sono ancora rieducato e risocializzato. Come sempre e come è giusto e doveroso accetto e rispetto la sentenza. Vivrò ancora il mio carcere con tutte le sue privazioni - continua l'ex governatore - con sofferenza, con fatica ma sempre con fiducia e speranza. Luogo difficile, pesante, pieno di miseria ma anche ricco di umanità, solidarietà e di nuovi amici. È la famiglia che mi manca - aggiunge ancora Cuffaro - il calore delle tante persone che ho lasciate e che mi vogliono bene. Riesco qua dentro a donare abbracci e sorrisi, a riceverne. Mi manca poter vedere il cielo tutto intero, mi manca l'orizzonte che mi è impedito, mi manca il respiro lungo della vita, mi manca lavorare per la mia terra. La vita va accettata così com'è, la ricompensa che essa ci dà è vivere, per poter continuare a credere, amare, sperare».

Sul «no» dei giudici di Roma è intervenuto ieri il ministro dell'Interno Angelino Alfano: «Dobbiamo stare attenti -aveva detto intervistato a Virus - che lo Stato non operi con un accanimento terapeutico». E sulla vicenda è intervenuto anche Fabrizio Cicchitto (Ncd): «È assai inquietante - dice - il fatto che a Salvatore Cuffaro non sia stato concesso l'affidamento ai servizi sociali malgrado il positivo giudizio della Procura. La motivazione del diniego ha il senso di una sorta di rivalsa che non può essere giudicata positivamente»

Il «no» del giudice di Roma è arrivato come una doccia fredda, anche perché il Pg della corte d'Appello aveva dato parere favorevole all'affidamento ai servizi sociali (Cuffaro ha già scontato più di metà della pena, gli restano due anni e sei mesi) pur mettendo come paletto il «no» al ritorno in Sicilia, a Palermo. I legali dell'ex governatore stanno valutando il da farsi.

Non è escluso che contro il diniego si decida di presentare ricorso in Cassazione.

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