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L'amarezza dei garantisti: "Col voto segreto..."

Il partito decide di disertare lo scrutinio. Gasparri: "Non potevamo farci strumentalizzare dalla sinistra"

L'amarezza dei garantisti: "Col voto segreto..."

Roma - usi finisce la giornata in manette, il Pdl stremato dopo ore in cui sul voto in Senato sull’arresto dell’ex tesoriere della Margherita il partito ha rischiato la spaccatura. Due le anime che si fronteggiano. La linea ufficiale, del capogruppo Maurizio Gasparri e del vice Gaetano Quagliariello, spalleggiati dal segretario Angelino Alfano, è quella del «mettiamoci la faccia»: voto palese e libertà di coscienza, per scongiurare il pericolo di accollarsi la responsabilità politica di un eventuale salvataggio di Lusi. Secondo gli ipergarantisti, però, la libertà di coscienza non si sposa bene con il voto palese. «La libertà di coscienza senza il voto segreto ha poco senso...», sussurra Raffaele Lauro, che raccoglie attorno a sé almeno 21 firmatari di una richiesta di voto segreto (che da regolamento devono essere almeno 20) che resterà ad aleggiare per tutto il giorno.
Dentro Palazzo Koch, a poche ore dall’ora X, il clima è più rovente che fuori. Il più agitato è Quagliariello, che a chi gli ricorda che in occasione del voto sull’arresto di Sergio De Gregorio, lo scorso 6 giugno, aveva chiesto il voto segreto, risponde: «In quel caso vi era stata una precisa indicazione di voto da parte del gruppo, rispetto alla quale era giusto garantire ai senatori la possibilità di esprimersi liberamente mediante una votazione non palese. Ma su Lusi il gruppo del Pdl non ha dato alcuna indicazione, il problema non sussiste». Voci di corridoio vogliono Quagliariello protagonista di uno scambio di cortesie tutt’altro che amichevoli con un suo collega, ma sono solo voci. Come quelle su una sua tentazione di dimettersi da vicecapogruppo, che lui smentisce prontamente: «Io le dimissioni non le minaccio, casomai le do e se le do non le ritiro». Qualcuno chiede che si vada al voto interno, altri per lo più di area ex An, il loro pensiero lo appalesano senza problemi. «Sono pronto a farmi musulmano per un giorno, impalo Lusi e poi torno cattolico», esagera Domenico Gramazio. E Paolo Amato spazia: «La partita va ben oltre il destino di Lusi e investe il quadro politico». Leggi la tentazione da parte di qualcuno di far saltare il banco e andare al voto tra pochi mesi.
Alla fine vince la linea diplomatica. Tutti fuori - anche a costo di mettere a repentaglio il numero legale - e che ci pensi il Pd a mettere le manette a Lusi. «Con Gasparri - dice ancora Quagliariello - abbiamo posto il problema di non farci strumento di manovre altrui. Questo caso riguardava la Margherita e il Pd». Lauro obbedisce: «Mi atterrò alla disciplina di gruppo. Ora però serve un’operazione verità che investa tutti».

Disobbediscono invece tra gli altri Marcello Pera e Piero Longo, che votano contro l’arresto.

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