Politica

L'anno della svolta: più devoti e niente scandali

D ue papi sugli altari, e altri due papi all'altare. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II vengono oggi proclamati santi in una cerimonia concelebrata da Francesco e Benedetto XVI. Mai nella storia della Chiesa si era svolta una cerimonia con la contemporanea canonizzazione di due successori di san Pietro: un fatto epocale di per sé. Ora la presenza contemporanea pubblica, sul sagrato della basilica, di Jorge Mario Bergoglio e Joseph Ratzinger rende il rito odierno ancora più eccezionale.

Fino a questa mattina mai due pontefici - uno in carica, l'altro emerito - hanno celebrato una messa assieme. La canonizzazione di due personaggi straordinari diventa così santificazione del papato stesso, un fenomeno che ha subìto un'accelerazione negli ultimi decenni. E non si limita a Roncalli e Wojtyla, perché sono in corso i processi di beatificazione di Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I.

Un'ondata di santità ha investito i vertici della Chiesa di Roma a partire dagli anni della seconda guerra mondiale. È un fenomeno che ha un solo precedente nei due millenni di vita della Chiesa, ovvero proprio gli anni degli inizi, dei primi cristiani e dei primi papi, il periodo delle persecuzioni più cruente, in cui la fede non aveva patria, né rapporti politici o ricchezze da difendere, ma viveva unicamente sulle conversioni a quel Gesù di Nazaret morto e risorto in Palestina soltanto pochi anni prima.

I papi santi sono 80 su 264, poco meno di uno ogni tre; in gran parte si tratta dei pontefici martirizzati nelle persecuzioni. Da Niccolò I (858-867) a oggi, ne sono saliti agli altari appena otto, più nove beati. «Se si guarda alla successione dei riconoscimenti del culto - ha scritto ieri sull'Osservatore Romano il direttore Giovanni Maria Vian - colpisce la loro concentrazione in età contemporanea. In particolare, sei conferme di culto si collocano tra il 1870 e il 1898 mentre è Pio XII a beatificare e canonizzare Pio X e poi a beatificare Innocenzo XI nel 1956. Durante il giubileo del 2000, Giovanni Paolo II beatifica in un'unica cerimonia Pio IX e Giovanni XXIII e ora Francesco canonizza Roncalli e Wojtyla, beatificato nel 2011 da Benedetto XVI».

La Chiesa celebra i propri capi e lo fa in mondovisione, davanti a due miliardi di telespettatori e ai delegati di 93 nazioni che rendono omaggio al Vaticano con la loro presenza. Un ritorno al papato trionfante? Lo si potrebbe sospettare se oggi non ci fossero proprio quei due uomini vestiti di bianco, Bergoglio e Ratzinger. Non c'è ombra di difesa del potere nella rinuncia di Benedetto XVI. Né c'è traccia di trionfalismo nel magistero di Francesco, che anche ieri ha twittato «Nessuno può sentirsi esonerato dalla condivisione con i poveri e dalla giustizia sociale».

In un anno con papa Francesco, della Chiesa non si parla più soltanto per i Vatileaks, gli scandali della pedofilia o gli arresti di prelati che trafficavano allo Ior. Oggi fanno notizia le fiumane di persone che affollano piazza San Pietro, il ritorno ai sacramenti di tanta gente, la ritrovata attenzione ai poveri e ai deboli e il richiamo di Francesco all'essenziale, ciò di cui non si può fare a meno. I pontefici santi sono pontefici testimoni, che comunicano con la vita prima che con le parole, e nell'epoca dei rapporti virtuali si pongono come richiamo per tutti, non solo i cattolici.

Ma l'autocelebrazione dei capi è anche celebrazione del popolo. Tutti ricordano il grido «santo subito» levatosi spontaneamente da piazza San Pietro il giorno dei funerali di Karol Wojtyla. Le cause di canonizzazione nascono sempre dal basso, non dagli ovattati corridoi del potere vaticano. Nella Chiesa il popolo, la volontà di una comunità (Paolo VI definì la Chiesa «un'entità etnica sui generis») ha ancora un valore senza che questo scada nel populismo o nella demagogia.

Così che la festa dei due papi santi diventa la festa di chi li ha voluti tali: i milioni di fedeli in tutto il mondo.SFil

Commenti