Dimissioni Papa Benedetto XVI

L'appello di Benedetto XVI: "Mai strumentalizzare Dio"

Penultimo Angelus davanti a 50mila fedeli: "Il diavolo non spinge verso il male ma verso il falso bene. La Chiesa deve rinnovarsi"

Il Vaticano gremito di fedeli durante l'Angelusa del Papa
Il Vaticano gremito di fedeli durante l'Angelusa del Papa

Roma - Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l'io o Dio? L'interesse individuale oppure il vero Bene, ciò che realmente è bene?». Gli interrogativi di Benedetto XVI cadono su una piazza San Pietro gremita da oltre 50mila persone secondo il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. Grande folla per un grande saluto a un papa che non cessa di ricordare l'«unum necessarium».
Striscioni, cartelli, bandierine bianche e gialle ondeggiano sopra le teste. Sono presenti anche le autorità della città di Roma guidate dal sindaco Gianni Alemanno per salutare il proprio vescovo. Il popolo acclama il Papa, scandisce il suo nome, gli urla «rimani» quando Benedetto XVI a mezzogiorno si affaccia alla finestra dello studio privato per recitare l'Angelus. Il penultimo Angelus da Papa.
Ratzinger appare sereno, il tono della voce è più saldo che nelle ultime apparizioni pubbliche dopo aver comunicato la rinuncia. Ringrazia tutti più volte: «È un segno dell'affetto e della vicinanza spirituale che mi state manifestando in questi giorni». Saluta e sorride. Ma le parole prima dell'Angelus non sono un commiato fatto di convenevoli, quanto un profondo richiamo a cambiare: «La Chiesa chiama tutti i suoi membri a rinnovarsi nello spirito, a ri-orientarsi decisamente verso Dio».
È la prima domenica di Quaresima, dai pulpiti delle chiese viene letto il vangelo delle tentazioni di Gesù. Il diavolo, dice il papa, traveste le tentazioni da «proposte convenienti ed efficaci, addirittura buone». Ma il loro «nucleo centrale consiste nello strumentalizzare Dio per i propri interessi, dando più importanza al successo o ai beni materiali». Riecheggiano le parole pronunciate nell'omelia delle Ceneri, quando Benedetto XVI disse che il volto della Chiesa viene «deturpato» da «colpe contro l'unità della Chiesa e divisioni del corpo ecclesiale» perché «il vero discepolo non segue se stesso o il "pubblico", ma il Signore».
Benedetto XVI ha ripetuto il richiamo contro l'orgoglio, il carrierismo e la pretesa di fare da sé: «Il tentatore è subdolo, non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i beni primari.
In questo modo Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, diventa irreale, non conta più, svanisce.
In ultima analisi, nelle tentazioni è in gioco la fede, perché è in gioco Dio».
Sono parole forti, rivolte in primo luogo all'interno della Chiesa. Un male travestito da bene è sempre in agguato.
«False immagini di uomo che in ogni tempo insidiano la coscienza». Gesù non ha avuto timore di affrontare queste tentazioni. Ratzinger cita sant'Agostino: «Gesù ha preso da noi le tentazioni per donare a noi la sua vittoria. Non abbiamo dunque paura di affrontare anche noi il combattimento contro lo spirito del male: l'importante è che lo facciamo con lui, con Cristo, il Vincitore».
È un tema che ricorre in questi ultimi discorsi di Benedetto XVI.
Giovedì aveva concluso così la «piccola chiacchierata» con i preti di Roma nell'aula Paolo VI: «Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: vince il Signore!».
La vittoria di Dio: è questo che il papa dice con forza alla Chiesa negli ultimi giorni di pontificato.
«Rimettere Dio al centro della nostra vita».

E l'invito finale: «Rimaniamo uniti nella preghiera».

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