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«L'Aquila, sentenza come quella di Galileo»

L'onda d'urto della sentenza dell'Aquila contro la commissione Grandi rischi continua. E due giorni dopo la condanna a sei anni di reclusione per gli esperti che neanche una settimana prima del sisma tranquillizzarono la popolazione riguardo all'allarme terremoto lanciato dal ricercatore Giampaolo Giuliani, la polemica non si placa. Complice la concomitanza con altre vicende giudiziarie d'attualità, il Consiglio superiore della magistratura ha voluto esprimere solidarietà ai giudici che negli ultimi giorni sono stati duramente criticati per le loro decisioni. E per scongiurare il pericolo, paventato martedì dalla Protezione civile, che l'attività di previsione e prevenzione del Dipartimento resti paralizzata, il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha annunciato che domani chiederà ai suoi colleghi che dal governo giunga ai componenti della commissione Grandi rischi l'invito a ritirare le dimissioni presentate all'indomani della sentenza. Intanto ha respinto quelle di Bernardo De Bernardinis, uno dei sette condannati, dalla presidenza dell'Istituto superiore per la ricerca ambientale.
Clini però ha voluto anche tornare, a 360 gradi, sulla condanna degli esperti, che tante (e tanto negative) reazioni ha provocato nei media e nella comunità scientifica di tutto il mondo. E se da un lato il ministro ha dichiarato che «ha ragione chi dice che l'unico precedente a questa sentenza è quello di Galileo Galilei», dall'altro ha anche affermato: «Voglio leggere le motivazioni». Per poi concludere che «se gli scienziati sono stati condannati perché non hanno fatto una previsione esatta, è assurdo; e se i giudici hanno ritenuto che la commissione ha dato indicazioni sbagliate, probabilmente la sentenza è anche in questo caso un errore, perché le indicazioni devono essere date dalle amministrazioni competenti». Toccando con questo, al di là di come la si pensi sulla condanna degli esperti (e sulle variegate esternazioni di Clini), il problema centrale dei rapporti fra scienziati e istituzioni, quello della divisione dei compiti e delle responsabilità fra consulenti (gli esperti delle più diverse materie) e decisori (i politici eletti e chiunque abbia in capo un'autorità pubblica). Una divisione che, evidentemente, non emerge netta dalle leggi in vigore nel nostro Paese, quelle che i giudici devono applicare.
Ma Clini non è stato il solo a intervenire. Il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri ha solidarizzato con i componenti della commissione Grandi rischi evocando «scenari molto critici per tutti coloro che si assumono responsabilità in tema di sicurezza». L'Associazione magistrati dell'Abruzzo, invece, si è schierata a fianco dei colleghi che hanno sbalordito i media e la comunità scientifica di tutto il mondo.

E il primo presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, ha detto che criticare le sentenze senza averne lette le motivazioni è un sintomo di inciviltà.

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